«Come farò a spiegare a mia figlia che i suoi nonni non ci sono più?»
Le drammatiche parole di Francesca Dighera, la figlia dei coniugi uccisi dal vicino di casa in un condominio a Rivarolo Canavese. La madre Liliana era un'insegnante in pensione originaria di Grigno in Valsugana
TRENTO. «Come farò a spiegare a mia figlia Caterina che i suoi nonni non ci sono più? Ha solo due anni...».
Francesca Dighera, 42 anni, non si dà pace dopo la morte dei genitori, uccisi ieri in un condominio di Rivarolo Canavese dal vicino di casa e loro inquilino.
La madre Liliana Heidempergher, 70 anni, originaria di Grigno, in Valsugana, era un'insegnante in pensione. Il padre Osvaldo Dighera, 74 anni, prima della pensione era stato carabiniere e operaio.
L'omicida si chiama Enzo Tarabella, 83 anni, ha ucciso a colpi di pistola la moglie Maria Grazia Valovatto, 79 anni, e il figlio disabile, Wilson, 51 anni.
Poco dopo i proprietari di casa, che abitavano al piano di sopra si sono recati nell'appartamenteo, richiamati dai rumori e dalle urla.
Prima è entrato il signor Osvaldo, alcuni minuti più tardi la moglie Liliana, che non aveva trovato il marito in casa.
La tragedia sarebbe maturata in un contesto segnato dal malessere psichico, dalle tensioni nella famiglia Tarabella e dalla gelosia dell'omicidia verso i vicini di casa i quali, al contrario, erano sereni e da poco avevano anche una nipotina di cui occuparsi.
Forse, ha ipotizzato Francesca Dighera, proprio quel tempo dedicato alla piccola e non più ad aiutare gli inquilini con il figlio disabile avrebbe scatenato l'insano rancore dell'omicida. Anni fa, quando i Tarabella decisero di non mandare più il figlio al centro diurno per disabili, il signora Osvaldo aveva cominciato a occuparsi di lui per dare una mano a quella famiglia.
Poi, quando la figlia è tornata al lavoro, i coniugi Dighera si sono dovuti dedicare alla nipotina piccola.
Negli ultimi tempi erano frequenti le liti nella famiglia Tarabella, da 15 anni in quell'appartamento, e fra i vicini c'è chi descrive Enzo come una persona chiusa e autoritaria.
"Mia mamma aveva il presentimento che, prima o poi, con quella pistola, avrebbe combinato un guaio - ha raccontato Francesca Dighera ai carabinieri - e mio papà, invece, sempre comprensivo e pronto a dare una mano, non lo riteneva possibile. Forse anche per questo, quando è andato nell'alloggio di sotto, non ha neanche lontanamente immaginato quello che stava per succedere. Sapere che quell'uomo possedeva una pistola ci preoccupava. Mamma e papà sono stati uccisi da una persona che avevano sempre aiutato".
Intervistata dal Corriere della Sera, la figlia dei coniugi uccisi ipotizza che il gesto di follia del vicino di casa sia stato dettato da una forma di rancore: «Penso solo possa essere stata una gelosia. So che ha lasciato dei biglietti. Voglio sapere che cosa ha scritto».
“Era una situazione allucinante, tutto il condominio era sveglio, solo in quell’appartamento non rispondeva nessuno. Va bene che era tardi, ma non era possibile che dormissero tutti, che non rispondessero. Ci siamo attaccati al campanello del citofono, i carabinieri battevano i pugni contro la porta e quel pensiero che si era insinuato nella mente, quello della pistola che teneva in casa…”, ha detto Francesca Dighera a Repubblica, in uno sfogo fra le lacrime.
E ancora: “Mi sembra tutto surreale, non mi sarei mai aspettata che la mia famiglia finisse in una di quelle storie di cronaca, che sembrano sempre lontane. Questa è una cosa che è più grande di me, troppo grande da gestire, da spiegare”.