Il «caso Nava», l’inchiesta interna e quella «punizione esemplare» invocata da Segnana che non c’è stata
L’ex assessore Luca Zeni chiede trasparenza e fa la sua indagine sul dirigente che fece vaccinare la moglie: «ma in Azienda Sanitaria non mi hanno voluto dare il materiale completo»
RISULTATI Cosa dice la relazione ufficiale
RETROSCENA Quella vaccinazione-spettacolo per le telecamere Rai
TRENTO. Subito dopo il “fattaccio”, vi ricordate le parole di Fugatti e Segnana? «Punizione esemplare», «indagine interna per fare luce e chiarezza», «dimissioni che sono solo l'inizio». Ma poi sul cosiddetto "caso Nava", con la moglie del direttore dell'Azienda sanitaria vaccinata il 5 gennaio con un evidente "salto della coda", è andata via via aumentando la sordina.
Ci furono le dimissioni dall'incarico del dottore, la nomina del dottor Arrigo Andrenacci come facente funzioni, ma anche la nomina per lo stesso Nava ad un incarico comunque di vertice e di responsabilità. A fine aprile l'Azienda sanitaria faceva anche sapere che il lavoro di indagine della apposita commissione era terminato: in sostanza tutto bene, nessun altro "caso". «La commissione - si leggeva nella nota - ha sentito complessivamente 33 persone, effettuato 4 sopralluoghi presso altrettanti centri vaccinali, esaminato i dati relativi a 3.071 vaccinazioni estratte a campione. Dalle verifiche effettuate, la campagna si sta svolgendo secondo le indicazioni dell'Istituto superiore di sanità e la gestione delle liste si è dimostrata omogenea e coerente e non sono state evidenziate criticità».
Tutto a posto, madama la marchesa. Ma non abbastanza per il consigliere provinciale del Pd Luca Zeni (ex assessore alla sanità), che ha chiesto di poter visionare la documentazione relativa all'indagine. L'Azienda sanitaria, in realtà non è stata del tutto trasparente: «Purtroppo - spiega Zeni - non mi è stato fornito il materiale completo, adducendo motivi di riservatezza, forse ignorando che il diritto di informazione dei consiglieri provinciali contempla l'accesso a tutta la documentazione richiesta, naturalmente con obbligo di riservatezza».
Nonostante questo l'ex assessore ha studiato e analizzato carte e documenti. Ed ha scoperto che la temibilissima inchiesta ha riguardato 4 giornate vaccinali prese a caso, e che per ogni giornata sono stati scremati i soggetti anziani e i dipendenti dell’Azienda. E che quindi, alla fine della fiera, l’inchiesta interna dell’Azienda ha riguardato 11 persone.
C'è poi la circostanza già portata alla luce dall'Adige: la moglie di Nava - la giudice della Sezione Contabile Alma Chiettini - fu vaccinata durante una "sessione strraordinaria" messa in scena appositamente per le telecamere della Rai nazionale, che erano venute da Roma apposta per intervistare l'assessora Segnana. Ma i giornalisti e cameraman della trasmissione "Agorà" avevano bisogno di immagini di gente che veniva vaccinata (eravamo ancora agli inizi della campagna, erano le prime dosi che arrivavano). E così - come riporta la nota della Commissione - venne chiesto al personale dell'Azienda chi fosse disponibile immediatamente. E Nava (come riportato dall'Adige) rispose con la famosa frase: "Beh, allora io chiamo mia moglie". E cosa gli dissero? "Mi dissero ok"-
Per Zeni ci sono ancora dei punti oscuri ed ha presentato una nuova interrogazione: stavolta vuole tutti i dettagli.
L'interrogazione di Zeni (testo completo)
Il giorno 26 marzo 2021 si diffondeva la notizia della vaccinazione antiCovid “fuori lista” alla moglie di un dirigente dell’Azienda Sanitaria, ed il giorno 27 marzo l’assessore alla salute comunicava la decisione del direttore generale di istituire una Commissione di indagine interna al fine di “definire le circostanze ed i possibili profili di responsabilità a carico del personale della APSS”, chiedendo al termine “provvedimenti disciplinari esemplari”.
Obiettivo della commissione, oltre che ricostruire il caso specifico, era accertare se si fossero verificati casi analoghi in APSS, e questo è anche il profilo di maggior interesse politico.
In data 15 aprile 2021 l’Azienda sanitaria comunicava con una scarna nota la conclusione dell’indagine, e riferiva gli esiti: sentite 33 persone, effettuati 4 sopralluoghi, “esaminati i dati relativi a 3071 vaccinazioni estratte a campione”.
Rispetto alla data del 5 gennaio, nella quale vi era stata la vaccinazione fuori lista incriminata, il comunicato riportava che in quella data vi era stata una seduta ad hoc per una trasmissione televisiva, ed era stato vaccinato (fuori dalla programmazione generale) personale amministrativo della centrale covid e del dipartimento di prevenzione. Nel complesso il risultato dell’indagine fu che “la campagna si sta svolgendo nel rispetto delle indicazioni dell’Istituto superiore di sanità e del Ministero della salute”, e non sono emerse criticità.
Lo scrivente consigliere, nello svolgimento delle funzioni di controllo previste dal ruolo, ha chiesto di poter visionare la documentazione relativa all’indagine. Purtroppo l’Azienda sanitaria non ha fornito il materiale completo, adducendo motivi di riservatezza, forse ignorando che il diritto di informazione dei consiglieri provinciali contempla l’accesso a tutta la documentazione richiesta, naturalmente con obbligo di riservatezza qualora previsto.
Tuttavia, anche se parziale, il materiale visionato consente alcune considerazioni rispetto alla procedura seguita.
Sono stati due i pilastri dell’indagine:
1) controllo a campione per verificare se negli elenchi risultasse personale estraneo ad APSS.
Nel corso di una seduta della commissione, il direttore generale ha scelto 4 giornate “a caso”, quindi non in base a dei criteri, ma nemmeno ad estrazione, soltanto su sua personale scelta. In quell’occasione è stato chiesto a due funzionari informatici di svolgere un controllo, effettuato in pochi minuti, derivante da un semplice incrocio di dati.
Gli informatici hanno estratto i dati di tutti i 79.000 vaccinati fino a quella data, hanno preso soltanto i dati relativi alle 3071 persone vaccinate nei 4 giorni scelti dal direttore generale, poi hanno filtrato: prima eliminando tutti gli anziani (sono rimasti quindi 1224 nomi), poi cancellando tutti quelli inseriti nella categoria “dipendenti apss” (sono rimasti 407 nomi).
Dei 407 nomi rimasti si è deciso di verificare soltanto quante persone fossero state classificate sotto la categoria “altro”: 11 persone. E si è concluso che eventuali problemi potrebbero esserci stati solo su queste 11 persone, ma per questioni di privacy ci si fermava lì.
Ricapitoliamo: il controllo è consistito nel filtrare al computer i nomi dei vaccinati in 4 giornate, e si è deciso che quelli potenzialmente non regolari avrebbero potuto essere soltanto quelli registrati dai tanti diversi operatori dell’APSS nella categoria “altro”. Peraltro ammettendo che potrebbero esserci stati “errori” di catalogazione delle categorie, ma che per privacy non si sarebbe provveduto a verificare tutti i 3071 nomi, ma nemmeno i soli 407 usciti dalle prime scremature, e neppure gli 11 classificati come “altro”!
Si può affermare, senza timore di essere smentiti, che questo metodo di indagine non sarà insegnato nelle migliori università come best practice a livello internazionale, e probabilmente nemmeno nelle scuole primarie.
2) la visita alle sedi vaccinali di Trento, Rovereto, Borgo e Cles, chiedendo al personale come si comportasse in caso di dosi in avanzo. Ne emergono comportamenti diversi, in mancanza di una direttiva unitaria da parte di APSS, e – se in generale si è cercato di anticipare appuntamenti di persone già prenotate o di favorire sanitari o categorie fragili - in alcuni casi non si è esclusa la possibilità di somministrazione a “persone che si sono presentate volontariamente presso la sede vaccinale o accompagnatori degli anziani vaccinati nella seduta”. Peraltro si riporta la dichiarazione di un medico che stima nel 15-20% la rinuncia al vaccino dei prenotati per Astrazeneca, il 2/3% per Pfizer; se fossero corrette queste stime, si parlerebbe di decine di migliaia di persone sul totale.
Tutto ciò premesso si interroga la giunta provinciale per sapere:
1) per quale motivo il tanto enfatizzato controllo sulle persone vaccinate, al fine di verificare se ci fossero state irregolarità, sia consistito in una semplice verifica informatica su quante persone fossero state classificate nella categoria “altri” dai diversi operatori?
2) perché, se la verifica era semplicemente informatica, non sia stata svolta su tutti i vaccinati ma soltanto su quelli ricompresi in 4 giornate scelte discrezionalmente dal direttore dell’APSS. Il controllo a campione avrebbe avuto senso se si fosse verificata la correttezza della categorizzazione dei nominativi di quelle giornate, diversamente è una limitazione che non ha alcuna logica scientifica;
3) per quale motivo, in occasione di una seduta televisiva, si sia scelto di vaccinare anzitempo personale amministrativo invece di seguire la programmazione vaccinale prevista;
4) per quale motivo l’APSS non abbia fornito tempestivamente linee guida univoche rispetto al comportamento da tenere in caso di dosi in avanzo, esponendo nei primi mesi gli operatori “sul campo” al rischio di scelte difficili, soprattutto nel clima teso della prima fase delle vaccinazioni, e potenzialmente contestabili;
5) quali siano le linee guida successivamente adottate dall’APSS per i casi di dosi in avanzo;
6) se non si ritenga che l’indagine condotta sia stata quantomeno superficiale, volta più a rassicurare velocemente l’opinione pubblica ed evitare critiche rispetto ad una prima fase con poco coordinamento e controllo da parte dell’APSS e dell’assessorato, che ad un reale accertamento della situazione.
Il servizio completo sul giornale in edicola o su https://epaper.ladige.it