Trapper condannati per la sparatoria: come "arcaici cacciatori si facevano ritrarre accanto a prede animali esanimi"
Ecco le motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano su Baby Gang, Simba e altri, condannati a metà novembre nel processo con rito abbreviato sui fatti della notte tra il 2 e il 3 luglio 2022
MILANO. Come "arcaici cacciatori si facevano ritrarre accanto a prede animali esanimi". È così che il Tribunale di Milano descrive, nelle motivazioni del verdetto, l'atteggiamento e le condotte dei noti trapper e dei giovani della loro crew condannati a metà novembre nel processo con rito abbreviato con al centro la sparatoria, avvenuta nella notte tra il 2 e il 3 luglio 2022 in via di Tocqueville, vicino a corso Como, zona della movida milanese, in cui rimasero feriti due senegalesi, gambizzati a colpi di pistola.
In particolare, i giudici della settima penale (Tremolada-Pucci-Gallina), a seguito dell'inchiesta coordinata dal pm Francesca Crupi e condotta da polizia e carabinieri, hanno condannato, tra gli altri, rispettivamente a 6 anni e 4 mesi e a 5 anni e 2 mesi i trapper Mohamed Lamine Saida, detto Simba La Rue, e Zaccaria Mouhib, ossia Baby Gang.
Uno del gruppo, Andrea Rusta (condannato a 4 anni e 2 mesi), si legge, si è poi "vantato della violenza sprigionata" quella notte "addirittura documentando orgogliosamente con video e foto la vittima ferita per impressionare la ragazza con cui stava uscendo". I giudici, che hanno riconosciuto tutte le imputazioni, dalla rapina ai danni dei due, "il fatto più grave", fino alla rissa, alle lesioni gravi e alla detenzione di arma clandestina, mettono in luce nelle motivazioni la "spiccata pericolosità sociale" degli imputati (otto in totale) e la loro "consuetudine alla violenza e alla sopraffazione e umiliazione" degli altri. Simba La Rue, ad esempio, è "animato da una violenza cieca e incontrollata".
Tra l'altro, i giudici criticano anche il basso risarcimento offerto alle vittime, sostenuto, tra l'altro, "dalla società facente capo" a Baby Gang e trattato, dunque, come se fosse una "spesa di rappresentanza da portare a bilancio dell'etichetta musicale" e ciò malgrado i loro "ingaggi professionali elevati". (ANSA)