Il ritorno all'atomoe la sindrome Nimby
Il ventisettesimo vertice bilaterale italo francese, Berlusconi da una parte, Sarkozy dall'altra, sembra aver sancito il ritorno dell'Italia al nucleare. I due colossi energetici nazionali Enel ed Edf si sono infatti impegnati a "sviluppare, costruire e far entrare in esercizio" in Italia "almeno 4" centrali nucleari di terza generazione avanzata e di rendere la prima unità italiana operativa non oltre il 2020. Dieci anni, dunque, e avremo l'atomo. Una rivoluzione energetica, dopo che nel 1987 un referendum mise al bando le centrali nucleari. Ventidue anni dopo, si riparte. Ritardo tecnologico, costi altissimi, rischi ambientali avevano fino ad oggi frenato anche solo il dibattito sull'atomo. Per quanto riguarda le prime due obiezioni, il governo conta sulla partnership francese, che dovrebbe colmare il primo e abbattere i secondi. Sul fronte ambientale e della sicurezza, ci si affida alla tecnologia della “terza generazione” per esorcizzare l'incubo Chernobyl. Ma proprio l'esempio del reattore sovietico ci ha insegnato che avere un territorio nazionale “nuclear free” non ci mette al riparo dai rischi legati agli incidenti. In Europa sono attive quasi duecento centrali (il 35 per cento dell’energia elettrica consumata è di fonte nucleare) e alcune, come quelle francesi, svizzere o quella slovena, sono molto vicine ai nostri confini. Confini che le nubi tossiche tendono a non rispettare. C'è un altro argomento a favore del nucleare: l'Italia spende trenta miliardi di euro l'anno per l’energia primaria, e importa l’82 per cento del fabbisogno energetico. Nel sistema elettrico, la dipendenza dall’estero raggiunge addirittura l’84 per cento mentre la dipendenza dagli idrocarburi è circa l’80 per cento. Non basta: l’energia elettrica prodotta in Italia costa il 60 per cento in più della media europea, il doppio rispetto a quella prodotta in Francia. Se a questo aggiungiamo la dipendenza dal gas russo e dai capricci ucraini, la vulnerabilità dei metanodotti e la cronica assenza di rigassificatori, non si può negare che l'Italia qualcosa debba fare. Ma proprio questo è il punto: il “fare”. Tralasciando qui il colpevole assenteismo del governo sul fronte degli investimenti per le energie rinnovabili (che magari non risolvono, a qualcosa servono), non possiamo dimenticare che viviamo in un paese dove costruire una ferrovia (Tornino-Lione) diventa un'impresa impossibile, un paese che non riesce a realizzare un rigassificatore, un paese che impiega anni per aprire pochi chilometri di autostrada. Possiamo immaginare, tra un Nimby e l'altro, che cosa succederà quando si tratterà di dover individuare il sito per la costruzione di una centrale atomica.