Urla e botte in casaStorie di piccoli uomini

di Patrizia Todesco

L’altro giorno era in fila alla cassa di un supermercato e la signora davanti di me, una donna sui cinquant’anni, chiede alla cassiera se può pagare la spesa e saldare a parte i 5 centesimi per la borsa. La commessa non capisce. Lei rispiega un’altra volta di non far figurare la spesa della borsa sullo scontrino. La commessa è sbigottita e allora la signora ammette: «Sa, mio marito quando controlla il conto si arrabbia quando vede che ho dimenticato di portarmi con me la borsa e la devo pagare». Chissà cosa vuol dire quel termine «si arrabbia». Forse vuole dire solo urla e umiliazioni, forse addirittura botte.
Proprio in vista dell’8 marzo l'Organizzazione mondiale della sanità ha messo in guardia su quello che ritenuto l'allarme del momento: la violenza sulle donne tra le mura di casa. La violenza domestica è infatti uno dei maggiori problemi di salute pubblica in tutto il mondo e rappresenta il caso più frequente di mancato rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo. È proprio in casa e all'interno del contesto familiare che le donne vengono più spesso maltrattate, principalmente dal marito o dal compagno. Si tratta quindi di un tipo di violenza silenzioso e invisibile, anche per le stesse forze dell’ordine e per i sistemi giudiziari. I dati sono così allarmanti che non vengono nemmeno ritenuti credibili. Ma la cosa più preoccupante è che i dati sono comunque sottostimati. Anche nel nostro Trentino le donne che subiscono violenze fisiche, psicologiche o sessuali spesso tacciono. Per amore dei figli, del buon nome della famiglia,  per problemi economici.
Ragioni valide? Giustificabile il silenzio? Dite la vostra sia che siate tra coloro che hanno scelto il silenzio oppure tra quante hanno denunciato; sia che siate andate via di casa, sia che siate rimaste; sia che abbiate sopportato il corteggiamento pesante del capo, sia che vi siate licenziate.

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