Il corpo di Neda, il sangue politico
Asfissiati da una politica italiana in cui il Culto del Corpo del Capo ha tolto respiro al dibattito delle idee, e dall’ossessione del suddetto Capo per i corpi delle giovani donne come elisir di eterna politica, le immagini che ci arrivano dalle strade di Teheran ci restituiscono - anche dolorosamente, sanguinosamente - la percezione della giovinezza della politica.
Non è un Paese per vecchi, la Persia.
Non è stanco e ingrigito come la nostra Penisola. I giovani - quasi tutti, in quelle immagini, appaiono naturalmente belli e belle, così «mediterranei», così appassionati, così uguali ai nostri figli - inondano le strade e le televisioni con la loro non negoziabile voglia di cambiare, di resistere alla violenza di Stato, di sconfiggere un regime autoritario, liberticida, negazionista, clericale. Tutto ciò da cui i nostri padri si sono liberati 64 anni fa.
E così quando sull’asfalto rimane Neda - dicono che si chiamasse così, un nome che significa "voce", una voce che non si alzerà più, o forse una voce che griderà in eterno - a bagnare con le sue vene la protesta, a santificarla come in un rito antico, il corpo e il volto insanguinati di quella ragazza diventano (attraverso i tam tam web che neppure i guardiani della rivoluzione fossilizzata e i teocrati totalitari riescono a fermare) il simbolo dell’orrore e della speranza.
Ogni movimento ha bisogno di volti, ogni insurrezione ha bisogno di martiri. Adesso l’Iran ha Neda, ragazza bruna che ha messo il suo corpo dentro la sfida di una nuova politica.
Non più i corpi finti, costruiti, omologati del velinismo elettorale (atto finale del ventennio di politica-spettacolo che in Italia ha seguito la fine della prima Repubblica). Non le ragazze del Capo, ma le ragazze del Popolo: senza auto blu con i vetri oscurati a scortarle, senza voli di Stato, senza camere riservate nelle ville del Boss. Ragazze in blue-jeans e maglietta, ragazze qualunque, corpi che entrano nella politica senza il pedaggio delle comparsate semidesnude in tv, ragazze che ci entrano disposte a morire, perfino. Come Neda, dissanguata su una strada di Teheran, la vigilia di una nuova estate.
Corpi che si conquistano la tv solo post-mortem, da vittime.
Corpi disanimati che però accusano, gridano, inchiodano, sovrastano, umiliano i volti tèrrei del Potere che li ha uccisi.