Immaginate di voler comprare un’automobile nuova. Anzi, nuovissima: un modello mai immesso prima sul mercato. Sarete tra i primissimi al mondo a provarla. Vi recate alla concessionaria prescelta, parlate con l’addetto alle vendite, al quale confidate fiduciosi tutti i vostri desideri per quell’auto di cui, ne siete sicuri, non potete fare a meno (di questo vi ha convinto una massiccia campagna pubblicitaria).
Non c’è problema, vi risponde affabile il venditore, abbiamo quello che fa per voi. E vi propone un bel contratto, che iniziate a leggere. Scoprendo che:
- se la concessionaria non vi consegnerà la macchina entro la data stabilita, non correrà nessun rischio di dover pagare una penale o di dovervi in qualche modo risarcire;
- se l’auto consegnata presentasse difetti di fabbricazione, malfunzionamenti, ammaccature vere e proprie, questi verrebbero riconosciuti come tali solo ed esclusivamente con l’accordo della ditta costruttrice;
- se l’auto che avete ordinato non superasse l’esame e i collaudi della Motorizzazione civile, se l’automobile che avete acquistato, cioè, non potesse circolare sulle strade italiane, dovreste voi stessi partecipare ai costi sostenuti dal costruttore per la sua produzione.
Ci fermiamo qui, ma si potrebbe andare avanti. La domanda è: comprereste quella macchina? Firmereste quel contratto?
Un contratto del tutto simile, lo ha firmato, il 27 agosto scorso, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali con Novartis Vaccines and Diagnostics Srl. Qui non si tratta, ovviamente, di automobili, ma di vaccini. Di uno, per l’esattezza: il vaccino antinfluenzale A(H1N1), che, nei piani del ministero, avrebbe dovuto salvaguardare la salute di ben 24 milioni di cittadini italiani, di fronte all’incubo del contagio.
L’influenza suina, per la quale l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarò - era l’11 giugno 2009 - lo stato di pandemia, ha a lungo monopolizzato titoli di apertura di telegiornali e carta stampata. Meno spazio ha ottenuto il bilancio della grande campagna per il vaccino avviata dal governo.
Gli ultimi dati messi a disposizione dal Ministero della salute attraverso «Influnet» fotografano la situazione alla 53ª settimana: dal 28 dicembre 2009 al 3 gennaio 2010 sono state somministrate in Italia 2.956 dosi di vaccino, portando a 821.672 il numero totale (più di 7.000 in Trentino). La copertura vaccinale totale risulta pari al 4%. Briciole, o poco più. In gran parte ignorate, però, o comunque archiviate con eccessiva leggerezza, soprattutto se pensiamo alla baraonda mediatica che preparò il terreno alla campagna. La suina era la nuova peste, gli scettici i nuovi untori, il contagio l’eterna minaccia da sconfiggere con un’arma formidabile: non più il fuoco, ecco il vaccino.
Un fallimento? Di sicuro possiamo dire che gli appelli, più o meno drammatici, per la vaccinazione, non hanno convinto gli italiani. Poco male, per gli azionisti di Novartis: semmai a preoccuparsi saranno gli economi del Ministero della salute, con i magazzini pieni di dosi di vaccino inutilizzate.
Anche se ci conforta il fatto che, proprio ieri, il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, abbia assicurato che «si stanno studiando diverse soluzioni per fare in modo di non buttare i vaccini».
E qui si torna al famoso contratto. Del quale molto poco si è saputo, poiché il governo lo ha secretato. Perché?
Perché ha considerato, e di conseguenza trattato, la potenziale emergenza sanitaria legata all’influenza A come un’emergenza (e una minaccia) terroristica. Così, ricorrendo all’ordinanza numero 3.275 della Presidenza del Consiglio del marzo 2003 («Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l’emergenza derivante dalla attuale situazione internazionale»), nella quale si specificava che «l’attuale situazione di diffusa crisi internazionale, aggravata dal conflitto bellico in atto sul territorio iracheno, ha determinato un considerevole innalzamento del rischio di attentati di natura terroristica», ha firmato un contratto impegnandosi alla massima riservatezza («Articolo 10: Informazioni riservate») e garantendosi la possibilità di procedere con somma urgenza e con trattativa privata.
Fatto che non ha impedito alla Sezione centrale del controllo di legittimità di atti del governo e delle amministrazioni dello stato della Corte dei Conti di mettere nero sui bianco una serie di rilievi tutt’altro che trascurabili. La premessa del contratto, scrivono i magistrati contabili, «sembra vanificare a favore della Novartis tutti i successivi vincoli contrattuali»; viene prevista «la possibilità del mancato rispetto delle date di consegna del prodotto, senza l’applicazione di alcuna penalità»; si stabilisce che «il Ministero accetti il prodotto anche in assenza dell’autorizzazione all’ammissione in commercio in Italia»; e ancora: «le garanzie poste a favore del Ministero in caso di mancata autorizzazione all’ammissione in commercio del prodotto in Italia (...) non appaiono correlate all’esborso finanziario sopportato dal Ministero fino a quella data, né bilanciate con quelle poste a carico del Ministero medesimo nel caso di impossibilità di ritiro del prodotto»; nel rilevare difetti di fabbricazione o danni del prodotto, viene richiesto «l’accordo della Novartis sull’esistenza degli stessi»; si prevedono «rimborsi al Ministero per danni causati a terzi, limitatamente a causa di difetti di fabbricazione», mentre il Ministero dovrà risarcire Novartis «per danni causati a terzi in tutti gli altri casi»; viene stabilito il pagamento a Novartis di oltre 24 milioni di euro, Iva esclusa, «ai fini della partecipazione ai costi in caso di non ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto»; si specifica che «qualora il contratto venga risolto per violazioni di disposizioni essenziali da parte di Novartis, il pagamento dovrà essere ugualmente effettuato per il prodotto fabbricato e consegnato».
La Corte dei Conti conclude sottolineando l’articolo 10.2 del contratto, che «considera informazioni riservate anche l’esistenza del contratto e le disposizioni in esso contenute, clausola - in considerazione dell’evidenza pubblica della procedura - impossibile da rispettare» e rimarcando il fatto che manca nel contratto il parere di un organo tecnico che attesti «la congruità dei prezzi in esso concordati».
Di nuovo: firmereste quel contratto?