Le poche parole dei medici

di Patrizia Todesco

E’ nelle parole non dette, nelle spiegazioni non date, nei modi a volte supponenti che si celano le ragioni di molte delle cause che i pazienti avviano contro i medici e contro l’Azienda sanitaria.
E’ la voglia rivincita del debole contro il forte. La voglia di far sentire la propria voce là dove nessuno l’ha voluta sentire. A rivelarlo sono i racconti delle persone che sentendosi torteggiata a volte chiamano il giornale per raccontare la loro verità. A legare tutti questi soggetti, ai quali, nella maggior parte dei casi, i giudici danno torto e solo poche volte ragioni, è un sentimento di rabbia contro il muro che si sono trovati davanti quando hanno protestato, quando avrebbero voluto far sentire la loro voce. «Nessuno mi ha ascoltato», è il leit motive.
Al di là delle conoscenze, delle competenze professionali, dell’abilità a maneggiare il bisturi o a leggere un esame, oggi sempre più la gente chiede spiegazioni. Non poche parole su un corridoio. Non mezze frasi rubate. I pazienti vorrebbero sapere. Vorrebbero chiarezza. Di fronte a qualcuno che chiede scusa per un ritardo, una svista, anche un errore, sarebbero in meno a volersi vendicare.
Negli ultimi anni molti medici hanno scritto libri dopo essere passati dall’altra parte della barricata. Hanno raccontato della loro nuova vita nelle vesti di pazienti, delle loro paure, dei loro sentimenti. Ma davvero bisogna arrivare a tanto per capire che gli ammalati non hanno bisogno solo di diagnosi e medicine, ma anche di parole e comprensione?

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