Il business della salute
Viviamo una vita medicalizzata. Screening per tutte la patologie: da quello per il tumore all’utero, a quello al seno fino a quello al colon. Poi occhio ai nei, alla prostata, al colesterololo, alla pressione, al diabete. Una martellante campagna per non sottovalutare nessun segnale, per andare dal proprio medico ad ogni campanello d’allarme. Dall’altra, invece, i discorsi sulle risorse limitate, sul bisogno di fare esami solo se effettivamente utili. Si entra in vortice nel quale si rischia di rimanere schiacciati.
Per far capire come dietro a questo aumento di indagini e di prescrizioni di farmaci ci sia un grossissimo business è arrivato a Trento Marco Bobbio, cardiologo e scrittore. Il dato di fatto è che ogni individuo ha diritto alla cura migliore. «Ma qual è la cura migliore? - si chiede Marco Bobbio - Quella di una medicina sempre più invadente, che diffonde il timore, su basi meramente statistiche, di minacciose malattie». L’esperto ha ricostruito tutto l’iter di realizzazione dei farmaci, dalle sperimentazioni («che vengono effettuate solo sui farmaci più costosi che quindi, in futuro, possono portare a grossi guadagni») alla diffusione delle informazioni e delle ricerche («nel 90% studiate negli uffici marketing dell’azienda in quanto giocando sui dati si può dimostrare ciò che si vuole»). Ciò che il cardiologo ha sottolineato più volte è che la tendenza è quella di far aumentare il numero di malati e delle malattie in quanto più ci sono malattie più si produce, più aumentano gli effetti collaterali e più questi vanno curati.
«Un modo per creare bisogni è quello di abbassare i livelli di attenzione, quelli raggiunti i quali bisogna intervenire. È ovvio che diminuendo il dato sul colesterolo, la pressione, il diabete raggiunto il quale è consigliato l’uso di farmaci, si aumenta anche il numero di consumatori e quindi la quantità di farmaci venduti».
Che la nostra salute sia tutto un business in mano ad aziende che puntano solo a vendere?