Appelli sul web, tra Ici e Vaticano, Ires e acqua
Tra ieri e oggi mi sono arrivati due appelli da sottoscrivere. Due tra i tanti, direte voi, in questa estate infuocata, non solo per il gran caldo. In effetti, i motivi per redigere e diramare appelli non mancano. E non mancano nemmeno le adesioni in rete.
La prima campagna di cui vi parlo ha avuto più di 100.000 adesioni su Facebook, e continua a raccogliere consensi. Si chiama «Vaticano, paga anche tu!», ed è volta ad abolire o, quantomeno, a ridurre, i privilegi fiscali di cui gode il Vaticano, in un momento di drammatico rincaro di imposte e tasse su ogni soggetto e su ogni impresa italiana. La recente manovra fiscale, infatti, si abbatte su tutti, falcidiando soprattutto dipendenti pubblici, comuni e spesa sociale, con le ben note conseguenze per cittadini e consumatori: aumentano sacrifici, costi e pressione fiscale, diminuiscono i servizi. Nel mirino dei promotori dell’appello c’è l’esenzione dall’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) su un patrimonio immobiliare stimato in 115.000 edifici. A partire dal 2005 le modifiche legislative intervenute hanno favorito l’esenzione tout court per tutti gli immobili, anche se nel 2007 si è cercato di limitarne l’estensione, prevedendo che l’esenzione si possa applicare solo agli immobili dalle finalità «non esclusivamente commerciali». L’inserimento dell’avverbio «esclusivamente» ha permesso comunque di beneficiare dell’esenzione anche a strutture turistiche, alberghi, cliniche e centri vacanze: è sufficiente la presenza di una cappella all’interno della struttura. Oltre all’ICI, poi, c’è l’IRES (Imposta sul reddito delle società) ridotta al 50% per tutti gli enti con finalità di istruzione e assistenza, l’esenzione doganale e daziaria per le merci dirette alla Città del Vaticano, l’esenzione IRPEF sui redditi dei dipendenti vaticani, ed altre agevolazioni fiscali di minor rilievo, che vanno ad aggiungersi all’8 per mille introitato con le dichiarazioni dei redditi e ai fondi diretti e indiretti che lo Stato italiano versa alla Chiesa cattolica per le sue attività. L’appello di cui stiamo parlando è diretto, quindi, a suffragare la presentazione di un emendamento alla manovra fiscale per eliminare le esenzioni relative ai beni ecclesiastici. Qualcuno le ha quantificate recentemente in 4 miliardi di euro l’anno: una perdita netta per il fisco italiano.
Altro appello lanciato sul web, degno di attenzione, riguarda i beni comuni. La manovra di Ferragosto propone la modifica dell’articolo 41 della Costituzione, che prevede la cancellazione del controllo politico sull’attività economica. Subito il Comitato di giuristi promotore del referendum sull’acqua pubblica è tornato in campo. Con un appello, nel quale si ribadisce che «Non può essere riproposta la privatizzazione/liberalizzazione dei servizi pubblici locali», posto che, con l’ultimo referendum «Il popolo ha fatto pervenire un’indicazione politica chiara volta a riequilibrare il rapporto tra privato e pubblico a favore di quest’ultimo, dando immediata attuazione agli art. 41, 42 e 43 della Costituzione». Quelli che si vorrebbero ora modificare. In sostanza, il Comitato promotore dei referendum denuncia la disinvoltura con la quale si maneggia una materia tanto delicata e si disattende, nei fatti, la volontà popolare, surclassata dal nuovo diktat: il pareggio di bilancio. E ritiene necessario invertire la rotta rispetto alla privatizzazione dei beni comuni, primo fra tutti l’acqua.