La video-intervista: «Storia di mio padre: Mauro Rostagno»
Non si può raccontare Rostagno senza raccontare Trento e non si può raccontare Trento senza raccontare Rostagno. Nel Sessantotto Mauro Rostagno era un leader carismatico del Movimento studentesco. «Le ragazze - ricorda Enrico Deaglio - andavano a Trento in treno. Volevano andare a conoscerlo. Volevano sentirlo parlare e - diciamo la verità - speravano magari di finire a letto con lui. Tanto che, in stazione a Trento, c’era uno che si spacciava per Mauro. “Rostagno sono io” diceva».
Ma Trento è solo una tappa delle tante vite di Rostagno. «Da Lotta Continua a Macondo a Saman, dalla lotta di classe alla lotta alla mafia, dal rosso del comunisimo all’arancione di Osho, dal Nord al Sud, da Torino a Trento a Palermo (...)» scrive Michele Serra nella prefazione al libro «Il suono di una sola mano - Storia di mio padre Mauro Rostagno», firmato dalla figlia Maddalena Rostagno e Andrea Gentile.
Il 26 settembre 1988 Mauro Rostagno - che dagli schermi di una piccola televisione trapanese, denunciava la mafia - venne ammazzato. Oggi, dopo 23 anni, i presunti mandanti ed esecutori del delitto sono sotto processo. Nel libro si parla del caso giudiziario e di molto altro: si parla delle sue mille vite.
«Agli uomini - diceva Rostagno in un’intervista a Claudio Fava (King, 1988) - capita di mettere radici e poi il tronco, i rami, le foglie... quando tira vento, i rami si possono spaccare, le foglie vengono strappate via: allora decidi di non rischiare, di non sfidare il vento. Ti poti, diventi un alberello tranquillo, pochi rami, poche foglie, appena l’indispensabile... Oppure te ne fotti. Cresci e ti allarghi. Vivi. Rischi. Sfidi la mafia, che è una forma di contenimento, di mortificazione... La mafia ti umilia: calati junco che passa la piena, dicono da queste parti. Ecco, la mafia è negazione d’una parola un po’ borghese: la dignità dell’uomo».
Il 26 settembre 1988 Mauro Rostagno - che dagli schermi di una piccola televisione trapanese, denunciava la mafia - venne ammazzato. Oggi, dopo 23 anni, i presunti mandanti ed esecutori del delitto sono sotto processo. Nel libro si parla del caso giudiziario e di molto altro: si parla delle sue mille vite.
«Agli uomini - diceva Rostagno in un’intervista a Claudio Fava (King, 1988) - capita di mettere radici e poi il tronco, i rami, le foglie... quando tira vento, i rami si possono spaccare, le foglie vengono strappate via: allora decidi di non rischiare, di non sfidare il vento. Ti poti, diventi un alberello tranquillo, pochi rami, poche foglie, appena l’indispensabile... Oppure te ne fotti. Cresci e ti allarghi. Vivi. Rischi. Sfidi la mafia, che è una forma di contenimento, di mortificazione... La mafia ti umilia: calati junco che passa la piena, dicono da queste parti. Ecco, la mafia è negazione d’una parola un po’ borghese: la dignità dell’uomo».
Il 26 settembre 2011, a Torino, abbiamo intervistato Maddalena Rostagno e Andrea Gentile.
IL VIDEO
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