Invertiamo la rotta: basta spese militari
Il nuovo governo è stato definito «il governo dei professori»: in effetti, sono molti i ministri con cattedra universitaria.
«Potrebbe essere la volta buona», mi dice con fare un po’ mesto un’amica, insegnante di diritto internazionale. «Buona per cosa?», la incoraggio io, così potrà palesarmi tutte le sue (caute) speranze. «Ma per stanziare più risorse per lo o studio, cavolo!». Ora si è infervorata. «Lo sai che nel 2010 le spese militari in Italia sono state 4 volte superiori rispetto ai fondi destinati alle università? 27 miliardi di euro in tutto per una macchina mangiasoldi, come quella delle nostre forze armate! 14 miliardi e mezzo solo per il bilancio della Difesa, quasi sei per i carabinieri, quasi due per le missioni all’estero, finanziate ogni sei mesi. Pare, poi, che il Ministero dello Sviluppo economico abbia a disposizione 3 miliardi e mezzo da destinare agli investimenti per la produzione di armi, per nuovi mezzi e per sofisticati congegni tecnologici a scopi bellici».
«Beh, in tempi di tagli alla spesa pubblica, mi sembra una buona occasione per dare un bel taglio anche qui», la rintuzzo io. «Specie ora, che Finmeccanica, pur essendo una delle maggiori industrie di armamenti del mondo (il 30% è controllato dallo Stato) non sta messa proprio bene…». «Quanto a questo, lo sai che Finmeccanica è uno dei partner privilegiati per la costruzione del nuovo velivolo F356, il Jsf, sponsorizzato dal Pentagono? E che i costi di questo caccia sono lievitati a dismisura, tanto da impensierire perfino l’amministrazione Obama? Secondo le ultime stime, proprio Finmeccanica dovrebbe arrivare a spendere 15 miliardi di euro per 131 caccia: e dove li trova? Saremo noi contribuenti, mia cara, a pagare, come sempre…».
Le faccio notare che ogni Stato sovrano ha purtroppo in bilancio delle spese miliari. Allora esplode, con la sensibilità di un ordigno di ultima generazione: «D’accordo: ma a noi una fregata costa 350 milioni, la stessa fregata ne costa alla Francia 280. E l’ultimo governo ha sottoscritto contratti per 10 fregate, 8 aerei senza pilota del costo di 1 miliardo e mezzo e di due sommergibili per un miliardo. Puoi verificare tranquillamente tutti questi dati: mi sono presa la briga di studiarmi l’ultimo rapporto annuale del Sipri, un istituto internazionale indipendente, che ha sede a Stoccolma».
Caspita, ha proprio ragione lei a inquietarsi. L’Italia è l’ottavo paese al mondo per spese militari. Addirittura il quinto, se si analizzano le uscite pro-capite, divise cioè per il numero di abitanti. E questo, senza essere certamente né la quinta, né l’ottava potenza internazionale. Sul piano internazionale, contiamo poco: le missioni all’estero si sono fortunatamente ridotte e ora siamo presenti solo in Afghanistan e in Libano, senza arrivare alle 12.000 unità complessive. Allora, il problema è in patria: come molti altri apparati istituzionali italiani, anche quello militare è a dir poco elefantiaco. 190.000 persone stipendiate, 98.000 fra ufficiali e sottoufficiali sono davvero tanti. Non è un’esagerazione dire che oggi i comandanti sono più dei comandati! Fra gli ufficiali di rango, il turn-over è inesistente, e i benefit intoccabili: a generali e ammiragli sono garantiti anche servizi all-inclusive, quali, ad esempio, la battitura di tappeti e la lucidatura di argenteria. L’oligarchia militare ha diritto alle Maserati blindate da 100.000 euro l’una, appena acquistate da La Russa. Ma ci sono anche 180 autoblindo Lince: servivano per le missioni all’estero, quindi rimangono inutilizzati in officina. In compenso, sono partiti ordinativi per altri 1.500 mezzi. Capricci costosi, a quanto sembra.
E, allora, una domanda al nuovo esecutivo sorge spontanea: vogliamo continuare ad approntare risorse in campo militare tre volte superiori ai tagli deliberati per scuola e servizi? Contribuenti e consumatori italiani aspettano dai professori al governo un’inversione di rotta.