Kazzaref

La Fondazione Ahref incassa gli sfottò del blogger Matt Kazz

di Andrea Tomasi

Gli uomini e le donne della Fondazione Ahref sembrano sfingi. Non reagiscono alle provocazioni. La fondazione - scriveva l'Adige l'11 marzo 2011 -  è già costata fino ad ora alla Provincia 352.000 euro: ha assunto 11 persone e può contare su altri 900 mila euro per progetti di ricerca nei prossimi tre anni. Voluta dal governatore Lorenzo Dellai per «analizzare internet e i media e contribuire alla conoscenza degli strumenti di social network per trasformarli in opportunità per le famiglie e le imprese», ora incassa gli sfottò del blogger Matt Kazz.

Sul blog (molto frequentato dai ricercatori del polo scientifico di Povo)
si parla dell'«alternativa» ad Ahref. L’associazione Kazzaref propone quattro regole (qui di seguito uno stralcio) «che possono comunque essere calpestate da chiunque, in nome della massima libertà ed autocoscienza.


Trascuratezza (vs accuratezza)
La trascuratezza viene prima di tutto, anche dell’accuratezza: non è che uno nasce pettinato. Fa parte della trascuratezza attribuire impropriamente frasi, dati, identità, fatti e cornetti alla crema. Del resto, una storia vera condita di errori ha un gusto incredibile.


Parzialità (vs imparzialità)
Bisogna sempre parteggiare per qualcuno, soprattutto per se stessi. Ogni storia va raccontata nel modo più soggettivo possibile: l’opinione fatta di bianchi e neri è molto meglio del grigio incolore. Essere partigiani rende la storia più nitida possibile e dà il diritto di cantare in pubblico “Bella ciao”.


Dipendenza (vs indipendenza)
La regola è scrivere sempre e comunque, come se fosse una droga. In maniera veritiera oppure falsa, bastarda e bugiarda. La parola è una gran dominatrice e si disinteressa anche di possibili conflitti di interesse, soprattutto se si veste in cuoio nero e tacchi a spillo.


Irregolarità (vs legalità)
Essere irrispettosi del limite e delle norme consuete. Andare oltre la banalità delle solite fonti. Avere sempre rispetto dei minori a cominciare a sputtanarli solo quando hanno compiuto il diciottesimo anno di età».

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