Davide, sfiata la valvola!

Dopo la pubblicazione della bozza di statuto, l’Università di Trento è una pentola a pressione. La nuova «Costituzione dell’ateneo» è quasi pronta. Il piatto sta per essere servito ufficialmente, ma non tutti sembrano apprezzare la ricetta. Le regole in salsa trentina ad alcuni sono indigeste.  Il tutto è sul fuoco. C’è chi dice «da troppo tempo». La valvola della pentola a pressione fischia. Si tratta solo di capire se il rettore Davide Bassi, che governa la cucina accademica, solleverà o no la «valvola». La pentola sfiaterà o scoppierà?

di Andrea Tomasi

Dopo la pubblicazione della bozza di statuto, l’Università di Trento è una pentola a pressione. La nuova «Costituzione dell’ateneo» è quasi pronta. Il piatto sta per essere servito ufficialmente, ma non tutti sembrano apprezzare la ricetta. Le regole in salsa trentina ad alcuni sono indigeste.  Il tutto è sul fuoco. C’è chi dice «da troppo tempo». La valvola della pentola a pressione fischia. Si tratta solo di capire se il rettore Davide Bassi, che governa la cucina accademica, solleverà o no la «valvola». La pentola sfiaterà o scoppierà?
 
Vedremo. Ecco le questioni calde che hanno fatto salire la temperatura:
 
1) Il nuovo consiglio d’amministrazione dell’ateneo provincializzato è composto da 8 membri + 1: il rettore, il rappresentante del ministero, 6 membri nominati dalla Provincia + il presidente del consiglio degli studenti sulle questioni che riguardano la didattica. Il cda ha un ruolo centrale: approva il piano strategico e l’assegnazione delle risorse. È vero che 3 di questi 6 membri sono scelti dalla Provincia da una rosa di almeno 6 candidati proposti dal senato accademico, ma di scelta (e importante) si tratta. Mentre per il rettore sono previsti requisiti molto puntuali, tra cui la coerenza con il piano strategico di ateneo, per i consiglieri non è previsto alcun requisito. Per assurdo, potrebbe diventare membro del cda, e addirittura presidente, anche un ex funzionario provinciale privo di laurea. E questo non piace ai docenti più critici (ricordate la petizione degli indignados?)  Anche sei analfabeti - dice qualcuno di questi - potrebbero essere considerati idonei al ruolo. I 6 in questione sono poi coloro che, con i 2 membri nominati dal senato, formano il comitato che vaglia le candidature a rettore. Come dire: il rischio è di trovarsi con un rettore nominato, o meglio, di un’elezione guidata passo passo da Piazza Dante (sede della giunta provinciale).
 
2) I centri di ricerca: hanno una gestazione molto diversa da quella dei dipartimenti, su cui i controlli sono molto più puntuali. La costituzione dei centri di ricerca è proposta dal rettore, che porta il suo progetto all’approvazione del senato accademico che - ricordano gli indignati dell’Università - è composto dal rettore stesso, da 3 senatori (da lui nominati) e da 4 eletti dal corpo accademico. Poiché il voto del rettore, in caso di parità, vale doppio e si presume che i suoi senatori stiano dalla «sua parte», il Magnifico in senato gode della maggioranza. In assenza della definizione di requisiti specifici, i centri di ricerca potrebbero in teoria anche essere usati per l’acquisizione di consenso, dicono sempre i critici. Gli industriali reclamano la meccatronica? Taac! Centro sulla meccatronica. I porfidari quello sul porfido? Taac! Centro sul porfido. Si tratta solo di ipotesi, sulla carta. Il rettore non ne abbia a male... Ma chi lo critica argomenta: da un lato si svuotano i dipartimenti sino a portarli in teoria allo scioglimento, dall’altro si creano (si possono creare) i centri che rispondono solo al rettore. Il timore di molti (la famosa petizione era stata firmata da 300 professori) è che qualcuno in futuro, dalla Provincia, possa dire: «Se sei bravo, ti regalo un centrino».
 
3) Le modifiche di statuto. Mentre nelle università statali lo statuto, una volta approvato, in futuro può essere modificato dall’università stessa (con il Ministero che opera un controllo di legittimità), per Trento il controllo lo fa la Provincia, operando pero’ anche un controllo di merito. E qui i non-contenti si scatenano, facendo notare che l’ateneo non può essere gestito come un ente funzionale della provincia. Il modello - si dice - non può essere quello dell’Azienda sanitaria.

I colleghi del rettore Davide Bassi gli suggeriscono di trovare un compromesso, una soluzione mediana (finora la faccia ce l’hanno messa i professori Giovanni Pascuzzi e Michele Andreaus). Insomma, gli dicono: «Davide, sfiata la valvola!». Lo farà? Forse sì, forse no. E se lo farà, dovrà farlo senza ustionarsi. La temperatura è altissima.

comments powered by Disqus