Uno scoiattolo con la radio a palla  (ovvero l'arte di sopportare una città viva)

di Leonardo Pontalti

"Ho vissuto circa un anno a Trento, e ne ho un bel ricordo, quantomeno perché avevo trent'anni in meno. Certo, mi ricordo di una città fin troppo tranquilla. Diciamo che non c'era molto da fare". Pure Ilvo Diamanti parlando sabato al dibattito con Elsa Fornero, mette il dito nella piaga.


Anzi, a proposito della Fornero: è stata chiara, onesta: avrebbe dovuto sentirla, chi da fuori cercava di non farla parlare. Avrebbe capito, chi la contesta, che sta dando dell'untore a chi sta semplicemente tentando di curare un bubbone. Fa male, molto, ma è sempre meglio finire al Lazzaretto e provare a uscirne sani, che dritti sul carretto dei cadaveri.


Chiusa l'elsaparentesi, dicevo di come Diamanti abbia messo il dito nella piaga. Ricordando che era il 1985. Ventisette anni dopo qualcosa è migliorato. Qualcosa, e fortunatamente Alberto Faustini non ha potuto ricordargli che si, qualcosa è cambiato. Ma solo se suonano in quattro al massimo e fino alle 22. L'applauso scrosciante della sala, ai ricordi di Diamanti, avrebbero dovuto sentirlo e ascoltarlo dalle parti di palazzo Thun. E ricordarsene, assieme alle strade e alle piazze piene di questo week end. E avere più coraggio quando si parla di regolamenti sui locali, decibel, orari.


Perché così come é bello far vivere la città con Radio24 a palla in piazza Pasi per tutto il giorno per quattro giorni (e se un residente si fosse lamentato si sarebbe sentito rispondere dal centralino della polizia locale di portare pazienza, è il Festival), deve diventare normale anche poter far suonare la musica, riprodotta o live, anche a volumi più bassi di quelli dell'ottima emittente di Confindustria, alla sera. E rispondere alle chiamate dei residenti dicendo di portare pazienza, è la città che vive.

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