Ivano Fracena, la caserma  dei vigili e il trucchetto di Dellai

Quanto successo a Ivano Fracena è il classico esempio in cui l'Autonomia, a cui a parole si dice di credere, nei fatti viene buggerata, svuotata e insolentita. E il Potere centrale s'impone sulla Comunità autonoma, schiacciandola nella sua libera scelta. La vicenda della caserma è stata ricostruita con precisione dal consigliere regionale Marco Sembenotti. Una comunità s'interroga se è giusto spendere soldi, parecchi soldi (del contribuente), per una caserma dei vigili del fuoco che ritiene inutile perché ce n'è già un'altra a due passi

di Pierangelo Giovanetti

L' Adige ha dato giusto spazio alla notizia che ad Ivano Fracena, piccolo paesino della bassa Valsugana, non si potrà tenere il referendum popolare sulla costruzione di una nuova caserma da 1,3 milioni di euro per i vigili del fuoco volontari. La vicenda è nota. Un gruppo di cittadini di Ivano Fracena contesta l'opera ritenendola del tutto inopportuna. 

 

Inopportuna per una serie di motivazioni: innanzitutto perché impegnerebbe per intero, ed oltre, il bilancio comunale rinviando a chissà quando opere che la cittadinanza attende da tempo. Poi perché non esiste reale ed urgente bisogno di una nuova caserma avendone il corpo già una (dagli anni '90), eventualmente da rimodernare con spesa infinitamente minore. Infine perché nel raggio di un paio di chilometri esistono almeno altre tre caserme perfettamente attrezzate che dunque rassicurano ampiamente sul fronte della sicurezza.

 

Al fine di rimettere in discussione la decisione dell'amministrazione comunale, nonché dell'amministrazione provinciale che pagherà per due terzi l'opera, questi cittadini riuniti in comitato si erano attivati per l'indizione di un referendum consultivo già dichiarato ammissibile e per il quale si ipotizzava una data fra settembre e ottobre. Motivazione giuridica del quesito l'infrazione dell'articolo 18 dello Statuto comunale, non essendovi traccia dell'opera né nel programma elettorale né nel documento programmatico approvato dal consiglio di Ivano Fracena.

 

Inutile dire quanto la presa di posizione di questi cittadini sia andata di traverso al Potere provinciale, non avvezzo a ritrovarsi sgraditi impicci sulla sua strada. Il presidente Dellai ha tuonato «questa caserma s'ha da fare», ovviamente subito spalleggiato dal presidente della Federazione dei vigili volontari Flaim.

 

La cocciutaggine del comitato, lanciato verso un referendum quasi certamente vincente, era però un'insidia difficile da disinnescare. Come uscirne? Come evitare lo smacco del rifiuto popolare e imporre, al solito, la volontà della Provincia?

 

La soluzione è arriva quatta quatta da una riunione di Giunta provinciale dello scorso 20 luglio, attraverso la deliberazione n. 1593 concernente la «Disciplina attuativa del Fondo Unico Territoriale». Nelle cinque pagine di delibera sono apparse magicamente tre righe che spiegano che «allo scopo di garantire una capillare ed uniforme distribuzione dei presidi per la tutela del territorio e la protezione civile, per gli interventi inerenti le caserme dei Vigili del Fuoco relativi a Comuni con popolazione inferiore a 500 abitanti potrà essere garantito un livello di contribuzione pari alla spesa ammissibile laddove venga comprovata una insufficienza di risorse finanziarie proprie. Tale principio dovrà essere salvaguardato anche per i finanziamenti a valere su strumenti di finanziamenti diversi da quello oggetto del presente provvedimento».

 

E così chi avversava l'opera è sistemato. Messo fuori gioco da un provvedimento tempestivo come pochi, ritagliato su misura per l'unico comune che, trovandosi allo stesso tempo in insufficienza di risorse finanziarie, sotto i 500 abitanti e con la caserma dei vigili del fuoco messa improvvidamente in programma dalla giunta comunale, era in procinto di affrontare un referendum contro lo spreco di denaro pubblico.

 

Una storia emblematica di come si muova il Potere provinciale, di quanto poco tenga conto delle opinioni dei cittadini, di come ne soffochi la voce, di come predichi bene e razzoli male sul tema della sobrietà, dell'attenzione alle spese, dell'utilizzo ragionato e parco di risorse calanti.


Quanto successo a Ivano Fracena è il classico esempio in cui l'Autonomia, a cui a parole si dice di credere, nei fatti viene buggerata, svuotata e insolentita. E il Potere centrale s'impone sulla Comunità autonoma, schiacciandola nella sua libera scelta.
La vicenda della caserma è stata ricostruita con precisione dal consigliere regionale Marco Sembenotti. Una comunità s'interroga se è giusto spendere soldi, parecchi soldi (del contribuente), per una caserma dei vigili del fuoco che ritiene inutile perché ce n'è già un'altra a due passi.

 

Alcuni cittadini raccolgono le firme per indire un referendum, e chiedere al paese di esprimersi liberamente. Ma la cosa non garba al feudatario e come in una riedizione dei «Promessi Sposi» alla valsuganotta, don Rodrigo dice che questo referendum non s'ha da fare. Quindi, con una delibera provinciale approvata tra il solleone di luglio, s'appropria della decisione, passando sopra il Comune, schiacciando l'Autonomia della Comunità locale, impedendo ai cittadini di esprimersi e, deliberando con un atto di centralismo che nemmeno Roma si sarebbe mai permessa, stabilisce che il finanziamento sulla caserma è di propria competenza (e quindi di fatto anche la decisione).

 

Il Comune è servito. Decide il Palazzo, alla faccia delle autonomie locali. Quello di Ivano Fracena è un esempio da manuale di come di Autonomia ci si riempie la bocca a non finire, ma poi nei fatti si è più centralisti di Roma. Ci sarebbe di che riflettere in Trentino su come, in nome dell'Autonomia, siamo riuscito a svuotare e cancellare l'Autonomia. Soprattutto quella dei Comuni e delle comunità locali. Alla faccia della sussidiarietà e dell'autogoverno delle nostre vallate.

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