I giovani, il Paese ingessato e le riforme
Egregio direttore, ecco cosa succede oggi in Italia ad una giovane laureata. Mi ha chiamato l'ufficio del personale di Mediaset, a cui avevo mandato il mio curriculum nelle scorse settimane. Mi hanno offerto uno stage di sei mesi full time dal lunedì al venerdì con flessibilità nei weekend per l'ufficio stampa, tutto ovviamente non pagato e senza prospettive di inserimento finiti i sei mesi.
Della serie: pura beneficenza. Inoltre molte altre aziende, tra cui anche prestigiosi brand (che sicuramente non fanno la fame) a cui ho mandato il mio curriculum nei mesi scorsi, propongono più o meno lo stesso trattamento, dove nel migliore dei casi ti assicurano cinque euro al giorno da spendere nella mensa aziendale e quasi sembra che ti facciano un favore.
A questo punto viene spontaneo domandarsi: dove stiamo arrivando? Probabilmente tra qualche anno dovremo pagare noi stessi per fare uno stage. Come può essere che una ragazza di 23 anni (e come me tantissimi altri) con quasi due lauree, che ha dedicato tutta la sua vita e le sue energie allo studio, cercando nel frattempo di lavorare per mantenersi e cercando di andare il più possibile all'estero per fare delle esperienze, si trovi in questa situazione? Perché dobbiamo essere costretti a lasciare tutto e migrare all'estero per trovare un lavoro dignitoso? Come è possibile che nessuno riesca concretamente a tutelarci?
La verità è che ci sono obiettivamente ed oggettivamente poche reali speranze per noi.
E questa consapevolezza mi fa molta paura, soprattutto ora che vedo la mia carriera universitaria agli sgoccioli.
Il sistema è malato e non dobbiamo meravigliarci del fatto che non ci sono più i valori di una volta, come ad esempio il valore della famiglia. È ovvio. Come si può pensare e pretendere che un giovane ambisca a costruirsi una famiglia quando non ha nemmeno i soldi per sfamare se stesso?
Azzurra Corradini
Dare una speranza di futuro ai giovani è oggi la priorità del nostro Paese. Non possiamo lasciar bruciare una generazione, che sarà quella chiamata a garantire la continuità e il benessere dell'Italia di domani. Va ribaltata l'agenda politica rispetto alle difese corporative, dei diritti acquisiti e delle rendite di posizione, che sono state al centro dell'attenzione dei partiti negli ultimi vent'anni, e hanno fatto dell'Italia un Paese ingessato e incapace di crescere e competere con gli altri. Più che rivendicazioni astratte di diritti, oggi alla politica è chiesto concretezza e fantasia nel creare condizioni di impresa e di lavoro perché i giovani non debbano emigrare all'estero. Serve ridurre la spesa pubblica per liberare risorse che consentano ai giovani di intraprendere, di innovare, di assumersi responsabilità in prima persona, senza venir soffocati dalla burocrazia, dal peso fiscale o dal costo del lavoro, che rendono impossibile moltiplicare attività e sperimentazioni.
Sulle spalle dei giovani di oggi sono stati caricati i costi di decenni di debiti, sperperi, difesa dello status quo, mancate scelte e mancati investimenti. I nodi sono ora arrivati al pettine. Imboccare con forza la strada delle riforme, come hanno già fatto molti Paesi d'Europa, accelerare sul cambiamento strutturale dell'Italia (anche di mentalità e di schematismi ideologici) è la premessa indispensabile per riattivare iniziativa, creatività, opportunità, mobilità sociale ed economica. Ciò di cui hanno assoluto bisogno i giovani per creare lavoro. E quindi futuro.
p.giovanetti@ladige.it