Ci mancava solo la scomunica dello spread
Dopo le bordate di Grillo («Una stupidaggine»), le barzellette di Berlusconi («Un imbroglio») e le sempre raffinate declinazioni di Vendola («Ce n’è uno anche sociale e ambientale), ci mancava solo la scomunica. E la scomunica, puntualmente, è arrivata, ad opera dell’arcivescovo di Trento, Luigi Bressan.
Il quale se l’è presa con lo spauracchio del momento, il «nemico» che fa sempre tanto comodo, il fantasma da agitare in faccia alla gente, soprattutto se si vuole (non è il suo caso, suppongo, ma degli altri, soprattutto dei primi due citati, sicuramente sì) confondere le acque e distogliere l’attenzione da altro. Se l’è presa, insomma, con lo «spread».
Che, tecnicamente parlando, altro non è che il differenziale tra due valori. Tra due tassi di interesse, per esempio, come ben sa che ha sottoscritto un mutuo per comprare casa. O il differenziale di rendimento tra titoli di stato di diversi paesi.
E per tutti noi, ormai, lo spread è, quasi per definizione, la differenza di rendimento dei titoli di stato italiani, in particolare dei Btp, messi a confronto con i Bund tedeschi. Il che significa, ancora, che in Germania il denaro costa meno, i mutui costano meno, il debito pubblico costa meno.
Ora, forse ha ragione il vescovo, quando dice che lo spread non può fare la felicità. Di sicuro, però, può fare l’infelicità. Di chi, per restare ai casi citati, vuole per esempio comprare casa; o, più in generale, di tutti i contribuenti che devono affrontare sacrifici gravosi per rimettere in sesto i conti pubblici, dissestati anche da un devastante costo del debito, che dipende, guarda un po’, proprio dallo spread. O, ancora, può fare l’infelicità di chi vende macchine italiane, contribuendo a dare lavoro (finché durerà) ad operai impiegati in stabilimenti italiani. Già, perché i concorrenti tedeschi possono presentare al mercato offerte di finanziamento a tasso zero o vicino allo zero per l’acquisto di un’auto nuova, visto che possono approvvigionarsi di denaro praticamente senza aggravio apprezzabile. E come mai? Ma per via dello spread, che diamine. Perché lo spread non è un imbroglio, non è una stupidaggine, non è il male; è una cosa terribilmente seria, conseguenza, e non causa, di cattive politiche di bilancio. Non è la dittatura dello spread a farci del male, ma la dittatura degli incapaci e degli inadeguati.