Le "faccette nere" a Lampedusa: perché?
I giornali di questi giorni sono pieni di notizie su Lampedusa. Tanti, tanti uomini lasciano l'Eritrea e altri poveri stati africani per venire a cercar lavoro in Europa per sopravvivere; e l'Italia è il ponte più vicino a loro. A parecchi italiani queste persone danno fastidio e qualche politico è arrivato a dire che bisognerebbe respingerli tutti, anche a cannonate…
Colpisce il fatto che sono spesso accompagnati da donne e da bambini. Le "faccette nere" di questi bambini stimolano compassione e ci pongono una domanda importante. Perché i loro padri li portano con sé, ben sapendo che sono altissimi i rischi del viaggio e della traversata? Si può rispondere che i bambini sono per loro il futuro della loro gente e, come padri, si sentono fortemente responsabili: ai loro bambini vogliono dare un futuro migliore.
Gli uomini che approdano in Italia, se sono violenti o mercanti di droga, non si portano la famiglia appresso. Tra la gente che approda a Lampedusa vi sono forti legami familiari e la voglia di vivere in un continente che assicuri lavoro e serenità alla famiglia, in modo che i loro figli possano realizzare ogni loro potenzialità. Da noi ogni bambino che cresca con genitori responsabili può fare delle scelte da grande e – perché no? – ha la possibilità di diventare un premio Nobel… Quando guardiamo un bambino africano che muore di fame e malattie dobbiamo pensare che l'umanità intera può perdere con lui un grande uomo.
Di fronte ad ogni bambino morto a Lampedusa dobbiamo anzitutto scusarci con lui, perché la sua vita di stenti e la sua morte è dovuta quasi sempre a situazioni politiche negative, sostenute in Africa dalla nostra economia, dal nostro consumismo, dal neoliberismo delle multinazionali. Da secoli il razzismo e il colonialismo hanno considerato queste persone dei sotto-uomini da sfruttare o da eliminare. Ora bussano alle nostre porte e la politica europea deve accoglierli e aiutarli a vivere da uomini e non da bestie o da schiavi. Dobbiamo chiedere a loro "scusa" per un passato colonialista, quando ogni stato europeo faceva a gara per conquistare le loro terre. La storia passata dell'Europa è ricca di violenze ed è fondamentale dialogare oggi con chi abbiamo offeso: la Germania chiede ora scusa agli ebrei, la Chiesa a chi ha offeso con le crociate o con l'inquisizione.
Se nei secoli passati la parte del leone l'hanno fatta Gran Bretagna, Francia, Olanda, Portogallo, non dimentichiamoci che anche noi italiani abbiamo conquistato un "impero" in Africa, da buoni ultimi (1936), cantando "faccetta nera, piccola abissina, ti porteremo a Roma liberata". Ora che vediamo bene in faccia quelle faccette nere che arrivano in Italia, dobbiamo dare a loro la vera libertà, quella che cercano i loro genitori (dalla fame, dalla guerra, dalla schiavitù,…). Anch'io da balilla cantavo "faccetta nera, sarai romana e per bandiera ti daremo l'italiana…". Questi erano canti che celebravano chi voleva imporre la nostra "civiltà" ai selvaggi incivili (e magari qualcuno li approva, come ha fatto Giuliana, che ha rimarcato solo i giudizi positivi sul Duce: vedi qui).
La nostra civiltà deve oggi accettare chi fugge dalla miseria, impegnandosi a livello mondiale ad aiutare gli africani a superare le vere cause che portano alla guerra, alla povertà, all'ignoranza. E tutto questo in nome dei diritti dei bambini africani a nascere e crescere in un mondo governato "a misura di bambino". Questo vorrebbero dirci i volti dei bambini di Lampedusa, se diamo loro voce e se li vogliamo ascoltare.
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