Dopo le polemiche ora tocca allo sport
Oggi, finalmente, si gareggia. Delle Olimpiadi invernali, inaugurate ieri sera a Sochi con una sfarzosa cerimonia, finora si è parlato tanto soltanto per motivi extrasportivi: il timore di attentati terroristici, dopo le bombe fatte scoppiare a Volgograd, e le proteste per la legge antigay varata in Russia da Putin. Paure e polemiche giustificate, sia detto subito, che da oggi, almeno speriamo, dovranno però lasciare spazio a risultati e imprese sportive. Con questo scopo, infatti, erano state inventate le prime Olimpiadi nel 1896 ad Atene. I Giochi, purtroppo, sono nel frattempo diventati molto altro, oggetto di strumentalizzazioni politiche (basti ricordare i boicottaggi di Montreal 1976 da parte dell'Africa, di Mosca 1980 da parte degli Stati Uniti e di altri Paesi occidentali e di Los Angeles 1984 da parte dell'Unione Sovietica), di attacchi terroristici (dagli undici atleti israeliani uccisi dai fedayyn palestinesi a Monaco 1972 alla bomba fatta esplodere ad Atlanta 1996), di business legato principalmente ai diritti televisivi e di risultati falsati anche, e soprattutto, da pratiche sistematiche di doping.
Così, negli ultimi tempi, c'è chi ha iniziato a denigrare l'evento e c'è chi ha addirittura proposto di abolirlo. In Italia, poi, il gioco al massacro risulta ancor più facile per tre ordini di motivi.
Le Olimpiadi, per la prima volta nella storia, verranno trasmesse da una televisione privata (Sky e, in chiaro, Cielo) e non da quella di Stato che dovrà limitarsi a una triste trasmissione su RaiSport1 in tarda serata (dalle 22.30 alle 24) quando, complice anche il fuso di tre ore, tutti i risultati saranno ormai noti da tempo; la nazionale azzurra non può contare né su grandi campioni alla Alberto Tomba né su personaggi mediatici alla «Zorro» Zorzi e, per bocca del presidente del Coni Malagò, considererà un ottimo risultato migliorare anche di una sola medaglia il misero bottino di Vancouver 2010 (cinque allori); infine le discipline invernali sono «poco italiane». Su 113 atleti convocati ben 47 sono infatti altoatesini, praticamente tutti di madre lingua tedesca, e, in un sistema mediatico romanocentrico come il nostro, questa è una colpa grave. Eppure, a quasi 57 anni dal quel novembre 1957 in cui si tenne il famoso raduno di Castel Firmian con il «Los von Trient» lanciato da Silvius Magnago durante il quale i giovani carabinieri armati di mitraglietta non sapevano bene come comportarsi di fronte a migliaia di altoatesini in protesta, è bello constatare come ieri sera sia stato un militare dell'Arma altoatesino, Armin Zoeggeler, a portare con orgoglio la bandiera tricolore durante la cerimonia di inaugurazione.
È anche per questo che le Olimpiadi devono continuare a vivere. Sono un evento che rende possibile quanto sembrava impossibile. Sono un obiettivo simbolico per gli atleti, a partire dai più piccoli: provate a chiedere a un bambino che si avvia alla pratica di qualsiasi sport quale sia il suo sogno e vedrete quanti vi risponderanno «partecipare alle Olimpiadi». Sono un traino promozionale ineguagliabile per ogni attività sportiva: quanti sono gli atleti che hanno deciso di iniziare a frequentare una palestra, un campo o una pista dopo aver visto in tivù qualche campione in azione nei Giochi a cinque cerchi?
Da oggi, quindi, spazio alle gare. A Sochi ci sono 14 atleti trentini e, a meno di miracoli, nessuno può ambire a una medaglia. Nove di loro, però, hanno meno di 25 anni d'età e questo non può che farci ben sperare per il futuro anche se non faranno a tempo a partecipare all'edizione trentin-altoatesin-tirolese delle Olimpiadi invernali proposta dall'assessore provinciale allo sport Tiziano Mellarini. Un sogno anche questo, seppur le tre edizioni dei Mondiali di sci nordico egregiamente organizzate in valle di Fiemme sono lì a dimostrare come il Trentino sia in grado di gestire eventi sportivi iridati. Ma Trento e Bolzano, come dimostrano le recenti polemiche sull'autonomia, non godono al momento di grandi simpatie nel resto d'Italia. E il presidente del Coni Giovanni Malagò non perde occasione per sponsorizzare le Olimpiadi estive Roma 2024. Così, dopo i Mondiali di calcio 1990, potremmo assistere a un altro festival degli sprechi. Viva l'Italia.
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