A tu per tu con Nicola Leonardi
In questo nuovo post faremo due chiacchiere con Nicola Leonardi, pallavolista trentino classe ’88.
Nicola ha iniziato la sua avventura pallavolistica nel settore giovanile di Trentino Volley a partire dall’under 13, vincendo il primo storico scudetto trentino in under 18, per poi approdare direttamente in prima squadra nella stagione 2008/2009. Fino alla scorsa stagione ha sempre militato in club di A1 e A2 italiani, per poi passare alla serie A austriaca nelle fila dell’HypoTirol Innsbruck. La strada di Nicola verso l’Austria è però stata interrotta da un problema cardiaco: dai risultati della visita medica condotta in Italia erano emersi dei valori sballati che lo hanno portato alla rescissione contrattuale col team dopo soli due mesi di allenamento.
Come si può intuire, parlare con Nicola mi permette di toccare diversi argomenti: dal professionismo al discorso infortuni, fino all’importanza di avere un’alternativa oltre allo sport.
Ciao Nicola! Inizia col raccontarci brevemente la tua vicenda...
Il tutto inizia con le canoniche visite sportive che vengono sostenute prima della stagione quando si va a giocare all’estero: il medico italiano, dopo l’esame effettuato con l’holter, mi ha trovato dei valori fuori posto. Il medico societario di Innsbruck quindi non ha potuto darmi l’idoneità sportiva necessaria per disputare la stagione e, dopo soli due mesi nella cittadina austriaca, ho dovuto rescindere il mio contratto. Fortunatamente però lì si viene considerati come professionisti…
Ecco, tocchiamo quindi questo primo punto. Che differenze ci sono con il dilettantismo e con il movimento italiano?
Guarda, per quanto riguarda le caratteristiche del campionato non posso dirti molto purtroppo, dato che non ho avuto modo di scendere in campo. Però dal punto di vista del rapporto lavorativo è tutto molto più serio e sicuro per il giocatore: per fare un esempio materiale io ho svolto solo due mesi di attività, ma ho ricevuto ben tre stipendi; cosa che in Italia è impossibile, dato il regime organizzativo completamente diverso. Essendo considerato come lavoratore a tutti gli effetti, si hanno delle tutele che in un movimento dilettantistico non si hanno: ad esempio, se da contratto lo stipendio va ricevuto il 10 di ogni mese e questo non viene percepito, già il giorno dopo si può avviare un iter di riscossione tramite gli uffici competenti. Inoltre, se un giocatore dovesse smettere di giocare la stagione successiva e continuasse a risiedere in Austria, avrebbe diritto, come tutti i lavoratori, ad un sussidio temporaneo di disoccupazione in attesa di un nuovo posto di lavoro.
Insomma, si tratta di un altro mondo rispetto all’Italia. Certo è che questo comporta dei costi aggiuntivi per le società, dato che tutte le figure lavorative devono essere dei professionisti a tutti gli effetti. E molto spesso ci sono dei tagli che in Italia non vengono fatti: il nostro allenatore era anche il nostro preparatore atletico, mentre nelle società italiane le due figure sono solitamente distinte.
Ovviamente questo si ripercuote anche nel caso un giocatore rimanga infortunato immagino…
Beh, la variabile “infortunio” va purtroppo tenuta in grande considerazione, dato che può incidere molto nella carriera di un’atleta. Se uno ha un grave infortunio deve sperare di essere in una società o in una città che abbia strutture che permettano un veloce recupero. Ovviamente un ruolo importante lo gioca la società: in una regime dilettantistico, soprattutto ora che si firmano contratti prevalentemente annuali, se un giocatore si fa male a fine stagione rischia di compromettere quella successiva per la mancanza di cure serie. Ci sono alcuni giocatori che si premurano di avere assicurazioni, ma va tutto fatto in ambito privato e bisogna quindi disporre di una certa disponibilità economica.
Tu hai avuto un problema cardiaco. Sono molto recenti alcuni casi, tra cui quello tragico di Vigor Bovolenta, in cui si parla di un insufficiente controllo dell’atleta. Tu che ne pensi?
Allora… svolgendo i diversi esami, mi sono accorto che dopo il caso che tu hai citato, c’è una maggior attenzione alle dinamiche di questo tipo. Fondamentalmente però ho capito anche che, se tutti facessero gli esami che ho fatto io, e sono veramente un’enormità, moto probabilmente un buon 50% avrebbe bisogno di ulteriori approfondimenti. Il sentore che ho è che si prenda un po’ la questione sottogamba soprattutto nell’ambito sportivo. Fortunatamente, dopo sei mesi di visite, il mio medico ha capito che il mio non è un problema, ma una caratteristica del mio cuore ed è per questo che ora ho l’idoneità.
Sicuramente però ci sarebbero delle tecnologie di ultima generazione che, se implementate, potrebbero evitare diversi problemi. Ad esempio mi hanno parlato di una fascia cardiaca chiamata Qardio, prodotto tra l’altro da ragazzi italiani “in fuga” a Londra, che è tranquillamente indossabile 24 ore su 24 ed esegue un elettrocardiogramma in tempo reale che viene inviato online. Il medico quindi può controllare con un semplice click la situazione. Penso che questo potrebbe essere di grande aiuto anche in ambito sportivo.
Uno degli argomenti trattati nel blog è l’importanza dell’alternativa. Ora che è sei mesi che non giochi, pensi di continuare o stai battendo altre strade?
Già ad agosto, scegliendo di andare in Austria, ho fatto scelta di vita diversa rispetto alle precedenti: cercavo una nuova avventura in un posto che fosse vicino a casa, in cui percepivo uno stipendio inferiore rispetto all’Italia, ma che mi desse stimoli esterni più marcati: dalla lingua alla cultura, diverse dalla nostra. Ora come ora ho messo la pallavolo in secondo piano: sto cercando lavoro e ho trovato una startup di Rovereto, la LibonSport, che si occupa di hardware e software per monitorare le prestazioni degli sportivi e con cui penso di avviare un rapporto di collaborazione per portare la mia esperienza di atleta di alto livello. Quindi nell’immediato sto tastando altri terreni anche se la scorsa settimana sono tornato in campo con la squadra giovanile di Trento che disputa il campionato di B1. Questo sia per tenermi in forma che per riconoscenza, dato che comunque è la società da cui sono partito.
In sostanza la pallavolo passerà ad avere un ruolo più marginale, dato che ormai ho “già” 26 anni e, al di là delle difficoltà del movimento italiano, so quali sono le mie possibilità e credo sia venuto il momento di privilegiare altre esperienze. Certo, col senno di poi avrei preferito avere in mano qualcosa di più del mio diploma in Arti Grafiche: questo però è dipeso dalla mia scelta passata, che non rimpiango affatto, di privilegiare la carriera pallavolistica a quella universitaria (NdA: dato anche che nel suo caso frequentare l’università avrebbe comportato l’impossibilità di proseguire con lo sport, dato la frequenza obbligatoria). A tutti coloro che intendono praticare sport ad alto livello mi sento comunque di consigliare la continuazione del percorso di studi, considerato che di pallavolo è difficile vivere.
In bocca al lupo per tutto, Nicola!