Agricoltura familiare, presidio del territorio
Il 4 dicembre, ho partecipato al VI Forum Internazionale sull’Alimentazione e la Nutrizione. Uno degli incontri preparatori e propedeutici all’Expo di Milano dell’anno prossimo. Oratori di caratura internazionale si sono succeduti a dibattere sulle grandi questioni che ci stanno preoccupando oggi. E cioè come nutrire il pianeta, cercando di ridurre gli sprechi di cibo, di eliminare la malnutrizione e di come fermare l’aumento dell’obesità e del diabete nel mondo.
Al rientro in macchina mi sono preparato mentalmente il discorso che dovrò tenere sabato pomeriggio all’incontro che si terrà a Pergolese alle Cantine Pisoni, per celebrare l’Anno internazionale dell’azienda agricola famigliare. Riflettevo sull’importanza di mantenere viva la tradizione delle nostre piccole aziende agricole a conduzione famigliare, per presidiare il territorio con i tipici prodotti locali, che ci permettono di avere prodotti sempre freschi a basso impatto ambientale, a km 0.
È grazie all’attività quotidiana di centinaia di agricoltori che mantengono coltivazioni, magari su terreni impervi, che danno produzioni indubbiamente più scarse se abbiamo prodotti di ben altro gusto, ed è forse anche grazie all’attività di queste piccole aziende se il nostro Trentino non è allo «sbando» idrogeografico come qualche altra zona d’Italia.
È grazie a loro che possiamo mantenere e difendere la biodiversità dei nostri prodotti. Ad esempio, senza voler fare della retorica, ci piange un po’ il cuore quando apprendiamo che la susina di Dro sta quasi scomparendo, non perché ci mancheranno le pugne, lo sappiamo che dalla California, o da chissà dove, ne arriveranno anche di più belle e di più grosse, ma perché è un po’ come se se ne andasse un pezzo della nostra storia. È l’artigianato alimentare locale, che poi lavora questi prodotti, che ci permette di mantenere e ritrovare i sapori di una volta.
Arrivo un po’ in anticipo e decido di fare la spesa, vado al supermercato e al banco della verdura vedo dei bellissimo pomodori, leggo la provenienza: Olanda. Ne guardo un secondo tipo, origine: Belgio. Ostinato cerco i pomodori nazionali, ne guardo un terzo tipo: Marocco. Sconsolato mi rivolgo ai peperoni, guardo la provenienza: Spagna. A questo punto mi sono cadute le braccia! Zero profumo. Ne acquisto uno per tipo per assaggiarli a casa: avevano tutti lo stesso sapore, che non si riusciva a capire se è più di plastica o di polistirolo!
Ma è mai possibile che nella patria della dieta mediterranea, sugli scaffali dei supermercati troviamo i pomodori dell’Olanda? Noi che dovremmo mandare i pomodoro e i peperoni in tutto il mondo. Possibile che non siano ancora riusciti in Sicilia a montare quattro serre per produrre ortaggi con il vero sapore? Siamo proprio una Banana Republic! Anzi, neanche quella perché le banane non le abbiamo.
Ancora una volta scopriamo come il mondo stia andando in maniera sempre più dissociata. Si sta aprendo sempre di più la forbice tra quello che raccomandiamo, tra la qualità ed il gusto dei prodotti di fascia alta e quelli che poi vengono proposti nei supermercati, a prezzi più contenuti, per maggior parte della gente. Pensate che questa primavera in piena raccolta degli asparagi, in un supermercato ho trovato gli asparagi del Perù, ad un prezzo che era la metà rispetto a quelli di Zambana!
E a proposito di banane, probabilmente non tutti sanno che le banane vengono raccolte acerbe, trasportate sulle navi in celle a temperatura controllata, distribuite nei vari magazzini e qui portate a completa maturazione. In Italia c’è la professione del «maturatore di banane»! Noi mangiamo le banane raccolte in Sud America, piuttosto che in India, più di un mese dopo lo loro raccolta.
C’è poi da chiedersi se la composizione di questi prodotti rifletta effettivamente i contenuti in termini di vitamine e sali minerali, secondo quanto dichiarato sulle tabelle di composizione degli alimenti, se la loro maturazione è avvenuta dentro una cella frigorifera anziché sulla pianta.
Queste considerazioni devono farci riflettere sull’importanza di controllare la filiera alimentare cercando, nel limite del possibile di privilegiare il consumo di prodotti coltivati il più vicino a noi possibile, non solo per la salvaguardia del gusto, ma anche della loro salubrità.