Nuovo Presidente, cinque requisiti

Grazie di tutto Presidente

di Pierangelo Giovanetti

Con il discorso di fine anno, Giorgio Napolitano questa sera annuncerà al Paese l'imminente conclusione del suo mandato presidenziale. Alla soglia dei 90 anni, dopo aver guidato l'Italia per quasi un decennio fra i più travagliati della storia nazionale, il Capo dello Stato si prepara a cedere il testimone al suo successore che sarà eletto, con tutta probabilità all'inizio del nuovo anno, dal Parlamento in seduta comune. Il ruolo centrale, «extra ordinario», esercitato da Napolitano al Quirinale, mantenendo salda la rotta del Paese e unita la Nazione di fronte alla disgregazione del sistema politico-istituzionale e alla pesantissima crisi dei partiti che hanno segnato la fine della Seconda Repubblica, rende estremamente delicato tale passaggio.

Pesa ancora il ricordo drammatico di quanto avvenne nella primavera del 2013, con il Parlamento incapace di eleggere il Presidente, paralizzato da veti incrociati, sconvolto da isterici populismi e in preda ad una guerra di bande. Uno spettacolo devastante che ha ulteriormente incrinato la fiducia degli italiani verso la politica e le istituzioni, già duramente messa alla prova. Proprio per la responsabilità che il Presidente della Repubblica è chiamato ad esercitare, e il suo ruolo di garante delle istituzioni e volto dell'Italia di fronte all'Europa e al mondo, la scelta del successore richiede attenta riflessione e una profonda consapevolezza da parte delle forze politiche e dell'opinione pubblica, evitando sbandamenti, salti nel buio e impasse pericolose. Può essere utile individuare alcuni criteri che debbono guidare nell'individuazione del nuovo Capo dello Stato, anche in ragione del sistema barocco di elezione indiretta, a scrutinio segreto, terreno ideale per imboscate. E - come si è visto la scorsa volta - soggetto a pressioni indebite di isterismi mediatici più o meno organizzati. Criteri che vanno stabiliti in base a «che cosa» il Presidente è chiamato a fare, e a «quanto serve» all'Italia nei prossimi sette anni, più che al «chi» dovrà salire sul colle più alto, come s'è visto nel toto-quirinale che si è subito scatenato.

Il primo requisito indispensabile è che si tratti di una personalità autorevole, autonoma, preparata, di grandi capacità politiche. Il voto per il Quirinale non è un concorso di bellezza, dove si sceglie il nome più simpatico, il volto televisivamente più noto, il personaggio più stravagante o dagli effetti speciali. Come l'esperienza degli ultimi tre presidenti della Repubblica insegna, serve una figura di consolidata saggezza politica, profonda conoscitrice delle istituzioni, in grado di muoversi con fermezza ed equilibrio nei momenti di difficoltà politica e istituzionale del Paese. Non si improvvisa il ruolo di Presidente della Repubblica, e non può essere in grado di svolgerlo chi nella vita ha fatto tutt'altro, anche se può vantare la simpatia del grande pubblico.

Un secondo requisito auspicabile è la dimensione europea. Piaccia o non piaccia noi siamo parte integrante dell'Europa, le nostre scelte influenzano quanto accade negli altri Paesi e le scelte degli altri s'intrecciano con le nostre. Serve pertanto un Capo dello Stato capace di rapporti internazionali, che goda dell'apprezzamento degli altri Paesi dell'Unione, che garantisca sulla serietà e l'affidabilità del nuovo corso intrapreso dall'Italia. Insomma un Presidente rassicurante da una parte, e prestigioso dall'altra, emblema di una guida salda e sicura a vantaggio dell'ltalia e dell'Europa.

Un terzo elemento imprescindibile dato lo stato di persistente crisi economico-finanziaria del Paese è la forte competenza economica, in grado di indirizzare con determinatezza il governo, le istituzioni, i corpi intermedi e l'opinione pubblica ad affrontare le scelte e le riforme di cui l'Italia ha assoluta necessità. Un presidente che abbia la visione e la capacità di dare impulso al cambiamento, rompendo conservatorismi consolidati, persistenti in maniera trasversale nella società e nella politica italiana. Un capo dello Stato che sappia fungere da guida morale e politica nelle scelte economiche che l'Italia sarà chiamata a intraprendere, e nello stesso tempo che sia di riferimento anche nelle scelte europee, sempre più interdipendenti con quelli nazionali.

Un quarto aspetto importante, forse addirittura sovrastante gli altri per lo stato di sfiducia totale che pervade gli italiani nei confronti della politica e delle istituzioni, è che si tratti di una figura in grado di unire gli italiani e di riconciliarli con se stessi. Di fronte a continui latrocini, intrecci criminali, connivenze mafiose, corruzione diffusa, discredito ad ogni livello, serve una persona «pulita», stimata, super partes, capace di ridare fiducia e speranza ad un Paese piegato, rassegnato, chiuso in se stesso e sulla difensiva. Un Presidente che non covi rancori, voglia di rivincite, ambizioni e disegni politici; che non nutra nostalgie da prima repubblica o odi da seconda repubblica; che non s'inventi smanie di contrapposizione di poteri (anche nei confronti del governo) ma che sia equilibrio di poteri, in grado progressivamente di riportare la Presidenza della Repubblica nel suo alveo naturale di «garanzia delle istituzioni» al di là del ruolo di supplenza politica «attiva» svolto necessariamente negli ultimi vent'anni.

Infine un ultimo aspetto. Non obbligatorio e irrinunciabile ma, forse, auspicabile, come segno del cambiamento dei tempi avvenuto. E cioè la presenza al Colle più alto di una presidente-donna, espressione della sensibilità e delle qualità dell'altra metà del cielo. Non che l'essere donna significhi necessariamente essere «diversi» o migliori. Come si è visto nella vicenda dei vitalizi, il genere non incide in nulla nell'attaccamento ai soldi, o nel concepire la politica come privilegio. Così pure nell'ottenere risultati efficaci dall'azione politica. La differenza tra buono e cattivo politico sta nelle capacità e nella volontà, oltre che nella preparazione, non nel genere. Eppure la scelta di una presidente donna - se di qualità, e non solo per il fatto di essere donna - potrebbe essere un segnale importante per il Paese, in tempi in cui le pari opportunità, specie per i giovani, purtroppo non vi sono per nessuno.

Nonostante gli sforzi estenuanti degli ultimi anni, la nave Italia non è ancora fuori dalla tempesta e il pericolo di sprofondare inabissandosi fra le onde è tuttora presente in un Paese da troppo tempo avvitato nella spirale del declino.
L'elezione del nuovo Capo dello Stato sarà determinante nel garantire il percorso futuro. Ora è tempo di costruire, non più di lotte, scontri, proteste, odi ideologici e iconoclastiche spinte distruttive. L'eredità preziosa che Giorgio Napolitano ci lascia non va dispersa.

Grazie di tutto Presidente, Buon 2015.

p.giovanetti@ladige.it
Twitter: @direttoreladige

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