La morte spiegata ai bambini (e ai grandi)
UCT – Uomo Città Territorio è una rivista politico-culturale diffusa da ben 40 anni. Da più di un anno mi è stato chiesto di interpretare ogni mese fatti e problemi educativi dal punto di vista del neonato e del bambino. Per me questo è il miglior punto di vista per fissare i migliori obiettivi della politica e della cultura: “un mondo a misura di bambino”.
Nell’ultimo numero appena uscito parlo di un tema tabù e scabroso come quello della morte. Per spiegarlo ai bambini bisogna che i grandi abbiano idee chiare, anzitutto sul perché si muore. Si muore perché da un miliardo di anni la trasmissione del DNA avviene per riproduzione sessuata in piante e animali. Dopo l’età riproduttiva ogni individuo giustamente scompare. Altrimenti…
E di noi resta vivo non solo il DNA trasmesso ai figli, ma anche quanto abbiamo lasciato all’umanità: è ancora “vivo” quanto ha prodotto la mente di scienziati, artisti, politici, educatori… Resta vivo anche quel poco che un genitore, un maestro, un impiegato ha dato agli altri. Ognuno di noi lascia una traccia nella storia dell’umanità. Siamo staffette del DNA e, in quanto uomini, anche della cultura.
E come spiegare la morte ai bambini? Anzitutto non evitando l’argomento (“sei troppo piccolo per capire”), ascoltandolo, aiutandolo a esprimere le sue emozioni. Come per la sessualità, ci sono libricini utili per un dialogo concreto. Nei più piccoli si usa il linguaggio delle fiabe e il “cielo” è un punto di riferimento sempre valido per dirgli “dove” si trova non il corpo ma “l’anima” di chi è morto, cioè tutto il bene che ha fatto e che ci ha lasciato: guardando una stella lo ricorderemo spesso e questo lo rende “vivo” nei nostri cuori.