Natale a scuola, con una bella poesia
Natale a scuola, con una bella poesia
Riccardo Ianniciello, maestro a Pietramurata, leggerà una poesia («Negli occhi dei bambini») ai suoi scolari per Natale. Sono parole semplici che uniscono mistero e fantasia (profezia?) e potrebbero essere riprese da altri insegnanti nelle classi. I versi, infatti, riuniscono bene le varie componenti di quell'attesa «sospesa», fra cielo e terra, che è il Natale.
Negli occhi dei bambini è il vero Natale: solo loro vedono passare sulla slitta Babbo Natale./
E fra gli alberi innevati, pastori, gnomi e folletti./
E laggiù, quella luce, non è forse una lanterna a illuminare la grotta di Betlemme?/
Ogni comignolo nasconde la befana./
La neve racconta magiche favole./
Ora è il tempo della fantasia, è il tempo dei balocchi./
Ogni bambino è Gesù bambino./
Riccardo Ianniciello
Riccardo Ianniciello, maestro a Pietramurata, leggerà questa poesia ai suoi scolari per Natale. Sono parole semplici che uniscono mistero e fantasia (profezia?) e potrebbero essere riprese da altri insegnanti nelle classi. I versi, infatti, riuniscono bene le varie componenti di quell'attesa «sospesa», fra cielo e terra, che è il Natale. O meglio, che sono «i Natali», radicati nel mondo proprio grazie ai bambini, con la loro capacità di andare oltre le cose che si vedono, si toccano, si comperano. Il Natale è stato posto come un seme di rinascita anche dall'amore dei genitori, adattandolo così alle diverse situazioni di ambiente e di cultura, tanto che fa parte del messaggio natalizio anche questo suo lungo percorso nella storia: da San Nicolò con le tre bocce d'oro a Santa Klaus con la slitta, da Santa Lucia con la sua luce trasmessa alle candeline dell'albero, al presepio che San Francesco preparò a Greccio nel 1223 (di ritorno dal viaggio in Palestina, dopo Betlemme, dopo l'incontro prima di percosse, poi di rappacificazione e ascolto con l'Islam e il Saladino, un particolare su cui oggi soffermarsi) fino a «Stille Nacht» di altri due maestri di scuola, Mohr e Gruber, eseguita la notte di Natale del 1818 nella chiesa di San Nicola a Oberndorf, presso Salisburgo, qui vicino, nelle Alpi.
La poesia ripercorre le suggestioni natalizie di un bambino d'oggi, estraendole dal confuso aggrovigliarsi di suoni che proviene da strade e piazze. Nascono momenti di silenzio attorno al Natale, necessari anche ai «grandi» perché, finalmente, affrontino questa ricorrenza fuori da preconcetti, risentimenti, semplificazioni, pregiudizi. E capiscano come l'antico e semplice presepio di Francesco possa, in questi giorni, essere riproposto a tutti, nelle case, nelle chiese, all'asilo, nelle case di riposo, nelle grotte, nei porticati dei paesi, come si fa in molte località del Trentino. Perché, appunto, «ogni bambino è Gesù Bambino» e «quella luce illumina proprio la grotta di Betlemme». Il presepio diventa allora non solo un segno religioso, ma uno snodo «civile», la rappresentazione di una civiltà, di una libertà. Rivendica la divinità che c'è in ogni nascita, pone «il bambino» al centro della storia e della scienza, fra gli umili pastori e i dotti signori della ricerca scientifica che sono i Magi.
Avverte che sono sempre gli ultimi (i pastori) ad avvertire per primi i mutamenti che si compiono nel mondo, nella storia (a gioirne, a soffrirne), dicono che in una visione di armonia fra cielo e terra (se in cielo volano gli angeli, non i droni), la pace è possibile. È la nascita di un bambino a portarla, purché gli uomini siano di «buona volontà», capaci di prepararla. Come ha scritto Riccardo Petroni in una lettera a questo giornale (Petroni, oltre che dirigente di banche e imprese è profondo studioso della figura di Joshua, il Gesù ebraico prima che cristiano) il presepio unisce la tradizione cristiana al cammino ebraico (la lunga «genealogia» di Gesù, posta all'inizio dal vangelo di Matteo, è illuminante sotto questo aspetto) ed è apertura alla conoscenza e al rispetto verso le varie culture e religioni, ai doni reciproci che esse possono scambiarsi, rappresentati dai Magi. Non bisogna aver timore, o dividersi sul presepio. Bisogna farlo insieme. È un impegno di buona volontà, non un gioco di religiosità.
fdebattaglia@katamail.com