La barriera al Brennero: un pessimo segnale
La notizia tanto temuta è arrivata: torna la barriera al Brennero. Un passo indietro nel passato che si sperava non dovesse più tornare. Ai valichi l’attenzione sarà rivolta al traffico dei veicoli, dei treni e delle persone, ha spiegato Vienna. Degli appositi nuclei di intervento saranno impiegati, se del caso, per impedire l’intrusione di gruppi di persone che dovessero fare uso della forza. Controlli adeguati - si afferma infine - saranno svolti anche nelle zone a ridosso della frontiera.
Il ministro degli esteri Johanna Mikl Leitner ha spiegato che i tempi dipenderanno dall’evolversi delle rotte seguite dai migranti. Una «cooperazione estremamente intensiva» viene auspicata dal ministro per quanto concerne i controlli al valico del Brennero, «a causa della particolare situazione storica di questa località». Mikl Leitner non esclude «se necessario» anche l’eventuale utilizzo «di recinzioni».
Insomma, la barriera e pure il filo spinato. Giornata triste, segnali neri sul futuro di una Unione europea che delude il sogno di una comunità libera, senza confini, tra pari. Delude tra l’altro che siano i singoli paesi ad assumere decisioni così importanti per il futuro: è la conferma che l’Europa non c’è.
Che delusione dover spiegare alla generazione che in questi anni si affaccia al mondo, quella dei nostri figli, che davvero non ha mai pensato fosse necessario mettere una stanga tra l’Italia, la Francia, la Germania e il resto del mondo. La decisione di Vienna ha quindi tante conseguenze negative, di ordine economico, industriale, di libertà. Ma oggi prima di tutto è stato dato un segnale tragico alle generazioni «open», cresciute guardando all’altro come una opportunità e non come l’occasione di un confine.