La battaglia persa col figlio adolescente
Avere un figlio adolescente non è facile per quelli della mia generazione. Noi da piccoli non potevamo aprire bocca verso i nostri genitori e, più in generale, verso chiunque fosse nato almeno un mese prima di noi. C'erano delle precise regole gerarchiche. Per questo non vedevamo l'ora di diventare grandi, per poter parlare liberamente; ma ora che siamo grandi non possiamo aprire bocca perché a parlare sono i nostri figli.
E a noi, quando tocca? Per di più, l'adolescente moderno è convinto di essere il più intelligente del mondo, di avere il possesso della verità assoluta e che gli siano capitati in sorte i genitori più rimbambiti. E così capita che mentre stai parlando di politica con un docente universitario, tuo figlio intervenga dicendo: «Ma vi rendete conto che Bin Laden è ancora vivo? Lo tiene nascosto l'Isis assieme a Michael Jackson. L'ho letto su Facebook». Allora tu pensi: «Questo ragazzo è un coglione», però non gli vai contro perché non appena ci provi, lui ti butta lì la frasetta: «Io non avrei voluto nascere!». Frase che l'adolescente applica a tutto: «Io non avrei voluto nascere se avessi saputo che non mi compravate la moto», «Io non avrei voluto nascere se avessi saputo che domenica non andiamo in piscina» e via così. Oltre ai cambiamenti decisi da madre natura (tipo il fatto di avere la faccia ricoperta di brufoli che sembra un Ferrero Rocher con i baffi), l'adolescente vive anche di cambiamenti suoi, decisi in piena autonomia, perché ne ha voglia. Ad esempio quando decide che deve essere «qualcosa»: punk, rock, grunge, nerd? qualsiasi cosa. L'importante è che sia una cosa il più possibile antiestetica e, non secondario, in contrasto con i genitori.
Da genitori conservatori e di destra escono figli no global con capelli rasta e orecchini del diametro delle ruote del primo triciclo che gli hai regalato. Anzi, a guardare bene, è proprio la ruota del triciclo quella che si è infilato nel lobo. Un altro elemento distintivo dell'adolescenza, è la camera in disordine. Per entrarci ci vorrebbe un decespugliatore: la tuta è sotto il letto, i calzini sulla scrivania, il pigiama sul computer.. sembra il set del film Twister. E se provi a brontolargli, ti zittisce subito: «La stanza è il mio mondo. Io non avrei voluto nascere se avessi saputo che non sarei stato libero di esprimermi nel mio mondo». Che ti viene voglia di aprire la finestra e buttarlo giù così da esaudire le sue volontà, seppure retroattivamente. L'augurio è che questo periodo passi in fretta per il bene di tutti. E che il pargolo si tagli i baffi e si renda conto che Facebook è un gioco, Michael Jackson è morto e anche Bin Laden, spero.