Non si spala più Il calcio si ferma
Non si spala piùIl calcio si ferma
La nevicata attesa da tutto l’inverno, e arrivata in prossimità della primavera, ha messo purtroppo a nudo alcune attuali debolezze della nostra società. Nel giorno in cui a Rovereto sulla Secchia è stata inaugurata una Casa dello sport realizzata grazie a 25 mila ore di lavoro degli alpini trentini, nella nostra provincia sono bastati in alcuni casi pochi centimetri di neve per mandare in crisi viabilità e... calcio trentino.
Ieri mattina, chi ha avuto la possibilità di farsi un giretto a Trento, avrà notato come tutti i marciapiedi fossero ancora ingombri di neve. Malgrado gli annuali richiami dell’amministrazione all’obbligo di pulire i marciapiedi davanti alle proprie case, ormai più nessuno adempie a quello che, prima ancora di un precetto giuridico, dovrebbe essere considerato un dovere morale. Prendere una pala in mano sembra essere diventato un disonore.
Più facilmente, si attende sempre che sia qualcun altro a piegare la schiena. E se ciò non accade, tutti pronti a sfogare sui social media la propria rabbia contro Comune e Provincia che, nonostante i soldi dell’autonomia, non sono neanche in grado di tenere puliti i marciapiedi.
Ma il virus sta, ahimè, intaccando anche la parte più sana della società trentina, quella basata sull’oscuro quanto prezioso lavoro del mondo del volontariato. Ieri nei campionati di calcio in cui sono impegnate le squadre trentine, sono saltate ben tredici partite: due in Eccellenza, due in Promozione, ben nove in Prima categoria che riprendeva l’attività dopo tre mesi e mezzo di sosta. Non si discute, sia chiaro, la mancata disputa di Fiemme-Fassa o Valrendena-Molveno, qualche dubbio in più, per dire, suscitano gli stop a Garibaldina-Azzurra, Trilacum-Pinzolo Campiglio o Civezzano-Mattarello. Certo, si possono maledire le bizze del meteo che, dopo un inverno di astinenza, porta i fiocchi bianchi in Trentino quasi fuori tempo massimo. Ma che a marzo alle nostre latitudini possa nevicare, non pare gran novità.
Cosa è cambiato allora? A nostro avviso, l’atteggiamento di affrontare anche difficoltà non insormontabili, emergenze che imprevedibili non sembrano. L’impressione avuta ieri, con il sole che all’ora delle partite di calcio splendeva in tutto il Trentino, è che qualche società, impegnata sul campo di casa, sabato ai primi fiocchi di neve abbia rinunciato subito all’idea di disputare la propria partita. Il regolamento prevede che, per le società ospitanti, non vi sia obbligo di garantire l’agibilità del campo nel caso in cui nevichi nelle 48 ore antecedenti la partita. Così capita che una squadra, magari senza qualche giocatore importante infortunato, decida sia meglio soprassedere. Calcoli di opportunismo, forse, certo non nuovi in una nazione in cui la furbizia diventa spesso l’unico criterio meritocratico. Peggio ancora è sospettare che le società di casa nostra non abbiano più le forze per affrontare la minima emergenza. Ci spieghiamo meglio con un esempio. Ieri mattina a Naturno, località altoatesina a 528 metri sul livello del mare, una trentina di volontari (nella foto) di buon mattino, pala in mano, si sono prestati a pulire il campo innevato per permettere la disputa di Naturno-Bozner. Un esempio da applausi per il calcio regionale. Altrove si è preferito ammainare bandiera bianca, magari smoccolando contro il Comune di turno che non ha messo a disposizione i mezzi per pulire il rettangolo di gioco.
Il paradosso arriva da Pieve di Bono. Per il match di ieri contro il Cavedine Lasino, i dirigenti delle due società si erano accordati per il rinvio, salvo comunicare la decisione troppo tardi al comitato trentino della Figc. Tutto rinviato quindi al giudizio insindacabile dell’arbitro che ieri pomeriggio, arrivato a Creto, non ha più trovato la neve, nel frattempo sciolta dal sole. Tutti in campo, quindi, e partita disputata regolarmente.
Ecco, questa è la sgradevole sensazione avvertita ieri. Che ci si arrenda prima del tempo, dando la colpa al destino baro e agli amministratori inetti. Che si evitino le difficoltà, talvolta per pigrizia, talaltra per effettiva mancanza di forze.
E siccome lo sport è metafora della vita, questo Trentino un po’ seduto, un po’ accondiscendente, un po’ fatalista e un po’ egoista, fa paura. Non soltanto un po’.