Pmi, il megatsunami
Pmi, il megatsunami
Il megatsunami che si sta abbattendo s sulle nostre inconsapevoli pmi (e le opportunità che si celano nel prepararsi ad affrontarlo)
Dal 20 al 23 Gennaio si è svolto l’annuale meeting del World Economic Forum (WEF), una fondazione no profit che organizza ogni inverno, presso la cittadina sciistica di Davos in Svizzera, un incontro tra esponenti di primo piano della politica e dell'economia internazionale con intellettuali e giornalisti selezionati, per discutere delle questioni più urgenti che il mondo si trova ad affrontare e le cui tematiche spaziano dalla salute all’ambiente.
Il titolo del meeting di quest’anno era: “Mastering the Fourth Industrial Revolution” (Governare la Quarta Rivoluzione Industriale). Come hanno ribadito molti interventi e diversi studi presentati durante il meeting, c’è una rivoluzione epocale in atto, silenziosa e sottovalutata dai mass media, da buona parte dei cittadini, dalle forze politiche e dalle nostre PMI. Questa rivoluzione ha un nome – Quarta Rivoluzione Industriale – e uno strumento ben definito mediante il quale si realizza – la tecnologia pervasiva e costantemente interconnessa.
In cosa consiste dunque questa “Quarta Rivoluzione Industriale”? Per rispondere, è bene richiamare quali sono le prime tre rivoluzioni industriali.
Prima rivoluzione industriale: si riferisce al cambiamento socio-economico in conseguenza dell’adozione della produzione assistita dal vapore e dall’energia idraulica.
Seconda rivoluzione industriale: cambiamento indotto dalla produzione di massa facilitata dalla introduzione della catena di montaggio e dall’impiego dell’energia elettrica.
Terza rivoluzione industriale: ha origine dalla digitalizzazione della tecnologia a servizio della produzione e del terziario, favorita dal largo impiego dell’elettronica e dell’informatica.
Nella quarta rivoluzione industriale, l’automazione e la digitalizzazione si uniscono all’interconnessione tra tutti gli oggetti e i sistemi informatici, che parlano tra di loro, si scambiano dati e prendono decisioni autonome. Nella “fabbrica 4.0” (così è chiamato il modello di fabbrica del futuro) si creano dinamicamente delle reti intelligenti lungo tutta la catena di creazione del valore (dal momento dell’ordine di un prodotto, all’approvvigionamento delle materie prime per realizzarlo, al suo assemblaggio, alla logistica, alla distribuzione, fino alla fine vita del prodotto); queste reti intelligenti possono controllarsi a vicenda in maniera completamente autonoma.
Perché un modello di produzione basato su queste premesse è dirompente? Perché scardina alla base le prassi consolidate di produzione e di erogazione dei servizi: la manutenzione può essere predittiva (basata sulla performance di un macchinario e quindi a costo variabile) e non periodica (a costo fisso); la logistica può essere dinamica, completamente flessibile e automatizzata, in grado di reagire e cambiare in tempo reale sulla base della domanda e di interagire con magazzini e muletti completamente automatizzati; la personalizzazione può essere spinta a livello del singolo oggetto prodotto e non più sulla base di lotti predefiniti; il controllo dei costi può essere realizzato in forma granulare, sulla base della singola lavorazione; le decisioni (e le responsabilità) sono distribuite e sono prese in tempo reale.
In un tale scenario, il ruolo dei dati diventa quindi centrale: essi sono il carburante che fa funzionare il complesso motore della “fabbrica 4.0”. La fabbrica del futuro è “data driven” - guidata dai dati. E questi dati sono tantissimi, molti di più di quanto i server aziendali attualmente in dotazione alle nostre imprese possono immagazzinare e gestire a costi ragionevoli. Si parla di BIG DATA. Ecco perché i colossi dell’ high tech da IBM a Microsoft a Google, ad Amazon (o alla europea OVH) hanno passato gli ultimi 10 anni a costruire immensi data center in giro per i 5 continenti. In questo scenario è perfettamente normale che una PMI delocalizzi i suoi dati per immagazzinarli (e proteggerli adeguatamente) da qualche parte in Norvegia o in Ohio.
E come ogni rivoluzione, ci saranno moltissime vittime. Le figure professionali cambieranno profondamente, il report “The future of Jobs” presentato al forum di Davos a Gennaio parla chiaro: la quarta rivoluzione industriale cancellerà 7,1 milioni di posti di lavoro grazie all’automazione e alla disintermediazione, mentre ne creerà 2,1 milioni in settori altamente specializzati (esperti di robotica, analisti di dati, esperti di intelligenza artificiale e machine learning tanto per citare alcune delle nuove professioni).
Quando avverrà tutto ciò? Entro 4 anni, praticamente i tempi di un ciclo scolastico. Siamo già entrati in questa nuova era.
Le nostre imprese sono pronte a questa rivoluzione? Assolutamente NO.
Agli amici imprenditori chiedo: avete una strategia sui dati? Sapete come implementarla? Che investimenti avete previsto per gestire i big data nelle vostre aziende? Che modelli di gestione state implementando per affrontare una domanda flessibile su una scala di mezz’ora? Quali sono le vostre strategie nei confronti degli oggetti industriali connessi (Industrial Internet of Things)? Come pensate di gestire i dati contestuali nel vostro sistema decisionale-informativo? E ai rappresentanti dei lavoratori chiedo: nei tavoli di contrattazione con le aziende, al capitolo investimenti parlate di formazione del personale a queste nuove mansioni? Chiedete investimenti sulla gestione dei dati, sull’automazione della logistica? I lavoratori che giustamente tutelate sono pronti a questi nuovi scenari di organizzazione della produzione?
Stiamo vivendo un cambiamento epocale, assolutamente più dirompente dell’introduzione del personal computer negli ambienti di lavoro, eppure quando parlo con le imprese locali sembra di essere agli inizi degli anni 90 tecnologicamente parlando. Si parla di e-commerce come se fosse la scoperta del secolo…però…siamo solo in ritardo di 20 anni.
L’internet of Things (IoT), gli oggetti intelligenti e connessi costantemente alla rete, è un mercato che varrà 7100 miliardi di dollari nel 2020 (fonte IDC) con un volume di oggetti connessi entro il 2020 pari a 28.1 miliardi, più del doppio del mercato di tutti i pc, smartphone, tablet, automobili connesse messi assieme. Ricerche più recenti hanno rivisto al rialzo questa stima, quantificandola in 38.5 miliardi (Juniper Research). E per chi sorride o fa spallucce pensano che si parli di oggetti destinati al mercato consumer, vale la pena di notare che la maggior parte di questi oggetti saranno nelle imprese e nelle fabbriche, proprio in ragione delle trasformazioni che il modello di “fabbrica 4.0” porta con se.
Si stima che l’impatto economico (benefici) indotto dagli oggetti connessi (IoT) oscilli tra i 4000 e 11000 miliardi di dollari entro il 2025 (McKinsey), un valore pari all’11% del PIL mondiale. La sola industria manifatturiera (“fabbrica 4.0”) beneficerà di risparmi e ottimizzazioni di costo per una cifra tra i 1200 e 3700 miliardi di dollari.
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Il volume dei dati che circoleranno nel 2020 è stimato in circa 30 volte quello attuale, indipendentemente che si tratti di contesti lavorativi o dedicati al tempo libero. Ma veramente pensiamo di gestire questi dati con tanti fogli Excel e con pagine di block notes compilate a mano?
Cari amici imprenditori, paesi come la Cina, l’India, la Corea del Sud stanno investendo ingenti risorse private in intelligenza artificiale, automazione spinta, big data e in strumenti di analisi dei dati in tempo reale. Investimenti a 7 zeri. Investimenti INFRASTRUTTURALI, messi sullo stesso piano di quelli sostenuti per rinnovare gli strumenti di produzione o costruire una nuova fabbrica. Abbracciare la quarta rivoluzione industriale non è una opzione, significa decidere di sopravvivere o morire con la propria impresa nei prossimi 5 anni. Il panorama competitivo si sposterà molto rapidamente dalla “semplice” riduzione dei costi all’efficienza massima 24 ore su 24, 365 giorni su 365. Delocalizzare non sarà più una strategia efficace. Bisogna essere attrezzati per attuare questa trasformazione. Non capirlo significa essere miopi e incoscienti. E non c’è tempo da perdere, bisogna partire ora con strategie chiare su dati, formazione, automazione e integrazione e con investimenti importanti!
Non è un processo facile e non è nemmeno un percorso che si può realizzare in autonomia, servono delle professionalità che non sono presenti nella maggior parte delle PMI. Esistono però delle realtà che possono essere di aiuto in questo passaggio. Le startup hanno il cambiamento e l’innovazione nel loro DNA.
Nel 2013 ho fondato la mia startup Ecogriddy con l’idea che gli oggetti connessi (Internet of Things) e le tecnologie cloud possano contribuire a una gestione efficiente e altamente automatizzata di molti processi critici per le imprese, come la gestione della spesa energetica, voce di costo al primo o secondo posto nei bilanci delle imprese manifatturiere. Anche l’energia può essere gestita grazie ai dati (in questo caso si parla di energy data). Nel tempo abbiamo acquisito un'esperienza notevole nella gestione dei big data e nei sistemi di oggetti connessi. Questo ci consente affiancare le imprese nella transizione a un modello coerente con i principi della fabbrica del futuro così come ho illustrato in questo articolo.
Luca Silvestri - Fondatore e Amministratore Unico @ Ecogriddy