De Gasperi: «innamorarsi» d'Europa

De Gasperi: «innamorarsi» d'Europa

di Franco De Battaglia

Bisogna innamorarsi dell'Europa. Bisogna averne passione, come di una cosa bella, necessaria alla nostra vita. Dev'essere come cantare in un coro, senza timore se mancano voci o ci sono stonature. Ce lo diceva nostro padre, nelle sere d'estate a Sella, quando dopo la cena ci portava fuori, attorno a un tavolo, a cantare. Cantavamo i cori della montagna. Mio padre ci faceva cantare anche nei suoi giorni più difficili e duri. «Bisogna cantare insieme - diceva - si può soffrire, essere delusi, ma mai buttarsi giù, mai vendicarsi». Noi ragazze non sapevamo cantare bene. Lo seguivamo nelle prime voci, poi qualcuno imparava a fare da secondo ? poi dalle case vicine, ascoltando, venivano altre famiglie, si univano altri giovani, si aggiungevano le voci. Imparavamo così a portare avanti la nostra vita come un canto. A unire le voci insieme.

Maria Romana De Gasperi
(Calavino, 3 settembre 2016)

La risposta

I 70 anni dell'Accordo De Gasperi - Gruber sono stati al centro di frequenti incontri estivi (quello con il Presidente Mattarella a Pieve Tesino sopra tutti), della «giornata» dell'autonomia, ma anche, in maniera non scontata, dell'ormai tradizionale «due giorni» di Calavino, il paese madruzziano che a settembre si stringe attorno alla sua cittadina onoraria Maria Romana De Gasperi, per trarre ispirazione dalla sua esperienza politica e umana accanto al padre. Non è solo un affettuoso «ben tornata», ma una speranza di futuro, un incoraggiamento su come affrontare i tempi non facili che stanno avanti. I tempi che Alcide De Gasperi visse, infatti, sono stati molto più difficili degli attuali, non va mai dimenticato.

L'appuntamento di Calavino è importante e caloroso perché nasce dal basso, per iniziativa del circolo Pensionati e Anziani, animato da Adriano Bortoli. Dice quindi che l'autonomia non deriva tanto da celebrazioni o da benevole concessioni politiche, ma da una «passione» che si realizza quotidianamente, con l'impegno giorno per giorno a compiere il proprio dovere, attraverso scelte, comportamenti, investimenti in studio e lavoro, bene pubblico. Autonomia è crescere insieme e sono sciocche, dannose, le rottamazioni. Alcide De Gasperi aveva 64 anni quando prese in mano le macerie di un'Italia distrutta fisicamente e dilaniata moralmente, avviandone la rinascita.

Oggi i pensionati sono esclusi da dirigenze e responsabilità pubbliche, ma il «pensionato» De Gasperi, dopo tante delusioni, sapeva ancora «innamorarsi» dell'Italia ridotta in macerie, e soffrire - senza mai abbandonare le speranze - per i primi siluri nazionalisti contro l'idea europea, che già allora venivano con il voto contrario francese alla Ced, la comunità europea di difesa.

L'incontro di Calavino («La speranza di un'Europa unita») a 70 anni dall'Accordo De Gasperi -Gruber, mentre l'Europa pare vacillare, ha detto anche altre cose. La prima è che il «De Gasperi-Gruber» non è solo «autonomia», anche se ne costituisce il fondamento. È una pagina epocale di «metodo politico» per l'Europa e per il Mondo. Il Trentino deve esserne fiero, ma anche consapevole delle responsabilità (buone pratiche, buoni esempi, immaginazione sociale) che ne derivano. Ha sottolineato questo tema uno dei relatori, Giovanni Bernardini, dopo la testimonianza di Maria Romana e del senatore Tarcisio Andreolli. Bernardini è un ricercatore dell'Istituto Storico Italo Germanico (Fbk) e ha pubblicato un libro recentissimo dal titolo «L'Accordo De Gasperi-Gruber, una storia internazionale».

Lo studio, ricchissimo di documenti, sottolinea come l'Accordo ebbe il merito - del tutto innovativo - di uscire dalle prospettive «wilsoniane» delle nazionalità, delle etnie, dei torti e delle ragioni passate, per traghettare invece i rapporti fra stati nell'ottica di future garanzie internazionali verso le minoranze. I due statisti ebbero il coraggio di mettersi in gioco personalmente, anche a costo di pesanti incomprensioni, di mettere da parte guerre e torti, opzioni, fascismi e nazismi complici contro le popolazioni, per tracciare invece una cornice («Frame») fra Trento e Bolzano, entro cui poter ripartire daccapo. È ciò di cui tutta l'Europa ha bisogno anche oggi: disegnare «cornici», nicchie di autonomia, di tutela, di motivazioni, di impegni e «innamoramenti» verso progetti nuovi, verso lavoro per i giovani, verso un bene comune per ripartire daccapo, per uscire dall'attuale pantano confusamente populista che blocca ogni sviluppo. Una «cornice», capace di comporre le diversità.

Lo suggeriva un pensiero dello stesso De Gasperi ad una tavola rotonda sull'Europa, a Roma il 3 ottobre 1953: «Quale deve essere la nostra parole d'ordine? L'unione nella varietà, la varietà delle forze naturali e storiche». Questo è l'Accordo di 70 anni fa, di qui si può ripartire.

fdebattaglia@katamail.com

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