Parola di Cohen, una voce errante

Parola di Cohen, una voce errante

di Paolo Ghezzi

Per uno speciale permesso dell’ufficio stampa dell’Eden dei musicanti, il cronista ha potuto dialogare con Leonard Cohen per una decina di minuti (poi L.C. aveva un appuntamento a colazione con Franz Schubert e Frank Zappa) sul canale satellitare Heaven Direct (una sorta di Skype ultraterreno). Mister Cohen, ebreo canadese errante, è stato un grande artista della canzone (non meno grande di un altro cantautore ebreo nordamericano recentemente assurto al cielo del Nobel) scomparso pochi giorni fa alla vista di noi mortali. L.C. ha deciso di rispondere alle nostre domande ponendo una condizione: nelle risposte, avrebbe usato solo e soltanto le parole delle sue canzoni o delle sue poesie. Come dire, lassù, al di là, resta il meglio di ciò che si è detto e scritto in vita; le altre parole sono superflue, nella luce abbagliante dell’eterno Amore. Abbiamo accettato. Ed ecco il resoconto della breve intervista trascendente.

Mister Cohen, ha già ritrovato Marianne?

«È ora che cominciamo a ridere e piangere e piangere e ridere di tutto, ancora. Io dimentico di pregare per gli angeli e gli angeli allora si scordano di pregare per noi».

Capisco. Ma ci dica, Marianne è mai stata gelosa di Suzanne?

«Tu lo sai che lei è pazza e per questo stai con lei».

È vero che è proprio Suzanne che serve a tavola, nell’osteria del Vecchio d’Israele?

«Lei ti offre il tè e le arance che ha portato dalla Cina».

È ancora innamorato di lei! E che cosa le dice?

«Proprio mentre stai per dirle che non hai amore da offrirle, lei è già sulla tua onda e fa che il fiume ti risponda che da sempre siete amanti».

E Nancy, di cui ha cantato la tragica fine?

«Lei portava calze verdi e dormiva con tutti».

Lei comunque ha spezzato il cuore a molte donne...

«Non posso tenere il conto di ogni pettirosso caduto».

Parole dure: ma allora accettano anche i cinici e gli insensibili, nel paradiso degli artisti?

«Scopri eroi nelle alghe marce e bambini nel mattino che si sporgono all’amore e così faranno sempre».

Già l’amore, quello quasi umano di Gesù. Quello umanissimo delle donne. Quello umano e divino insieme della sua Giovanna d’Arco: è radiosa, dopo aver attraversato il martirio del fuoco?

«Lei capì chiaramente che, se lui era il fuoco, lei doveva essere il legno».

E al re David, «l’amato amante», ebreo poeta e musicista come lei, che cosa ha detto?

«Starò davanti al Signore della canzone con nient’altro in bocca che non sia Hallelujah».

Come David, lei ha lodato la grazia inebriante di Dio e si è inebriato della grazia delle donne.

«L’hai vista fare il bagno sul tetto. La sua bellezza e il chiaro di luna ti hanno sopraffatto. Lei ti ha legato alla sedia della cucina, ti ha spezzato il trono, ti ha tagliato i capelli e dalla tua bocca ha tratto l’Hallelujah».

Lei è un ebreo strano, cresciuto nell’allora cattolicissima Montreal piena di suore, che lei - come ricordano Brunetto Salvarani e Odo Semellini nel «Vangelo secondo Leonard Cohen» - trovava interessantissime, «come i monaci e tutti gli altri estremisti»...

«Possa Cristo avere pietà della nostra anima per aver scherzato così, nel mezzo di questi cuori che bruciano come carbone e di questa carne color rosa come il fumo».

Ci risiamo, con i roghi. I fondamentalisti non muoiono mai?

«Voi che ora costruite questi altari per sacrificare i vostri figli, non dovete più farlo. Un intrigo non è una visione e voi non siete mai stati tentati, né da un demone né da un Dio».

Con chi siede a tavola, al di là?

«Chi è morto col fuoco, chi con l’acqua, chi in una giornata radiosa di sole, chi di notte, chi nel felicissimo mese di maggio, chi per vari decadimenti lenti, chi in un’ordalia...».

Già, tutti finiscono lì, con sorella morte. Ma quali sono le parole più cupe che ha mai scritto?

«Prendi il solo albero rimasto e infilalo nel buco della tua cultura. Ridammi il muro di Berlino, dammi Stalin e San Paolo; ho visto il futuro, fratello, e ha il volto dell’assassino».

Ma insomma, mister Cohen, come ci si sente lassù?

«Come un uccello sul filo, come un ubriaco in un coro di mezzanotte».

Che cosa ha cercato di fare, nei suoi 82 anni di vita?

«Come un verme infilzato all’amo, come il cavaliere di un libro vecchio stampo, ho cercato - a modo mio - di essere libero».

Che cosa vuole dire alle persone che ha amato?

«Io giuro su questa canzone e su tutti i miei errori che tutto riparerò, per te».

Qual è il segreto della vita?

«C’è una scheggia di luce in ogni parola, non importa quali hai già ascoltato: l’Hallelujah santo o quello frantumato».

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