Un pezzo di cielo per gli animali

Un pezzo di cielo per gli animali

di Paolo Ghezzi

Un pezzo di cielo per gli animali. Non solo un posto sull’arca. Parola (e promessa) di biblista. Sono rari, ma ci sono, gli abitatori della Scrittura. Quelli che nei libri della Bibbia camminano e respirano, prima ancora di studiarli. Libri sacri che «sporcano le mani», spiegava Paolo De Benedetti, che domenica nella sua Asti ha concluso il suo cammino tra noi.

Pdb era uno di questi abitatori del libro dei libri. Leggero e insieme profondo, piccolo grande esploratore del confine tra il primo e il nuovo testamento, tra ebraismo e cristianesimo, tra i vari volti di Dio. Aveva un timbro inconfondibile, una voce chioccia e oltre i generi, come una specie di spiritello che trasvola tra aldilà e aldiqua, come l’Ariel della tempesta scespiriana. E le sue parole di interpretazione delle altre parole (e della Parola, perfino) coglievano il segno con chirurgica precisione, poetica allusione, sapiente intuizione.

Tra le mille parole che ci ha disvelato nella sua lunga vita di minatore del significato nascosto e  sotterraneo dei libri, Pdb è riuscito anche - come pochi altri - a dare parola a chi parola non ha. Non solo ai miseri, ai poveri di Dio che non hanno, metaforicamente, voce di fronte allo strepito tonante dei potenti del mondo, ma anche ai nostri fratellini che altre voci, altre parole praticano, da noi inintelligibili: gli animali. Ha scritto una «Teologia degli animali», vera e propria. «E l’asina disse...» è un altro titolo che riassume un mondo solo all’apparenza muto, partendo dall’episodio biblico (libro dei Numeri) dell’asina del profeta Balaam. Che vedeva gli angeli e appunto, eccezione alla regola, parlò.

Ha molto consolato gli amici degli animali il nostro Pdb: condivideva con santa Julian di Norwich, papa Ratzinger e Francesco Guccini la passione per i gatti e immaginava, sulla scia di Francesco d’Assisi, un paradiso che non esclude i piccoli fratelli e le sorelle quadrupedi e che anzi li accoglie al nostro fianco, nell’orizzonte di una resurrezione che coinvolge ogni creatura che abbiamo amato, non solo la specie dell’homo cosiddetto sapiens sapiens. Ma anche quegli esseri senzienti che hanno in comune, con gli umani innocenti, la pazienza e l’umiltà.

Pdb amava la fragilità di Dio e, di riflesso, la vulnerabilità degli animali. Ed esercitava, verso Dio («Anche lui ha i suoi guai») e verso gli animali una rabbinica, antica e modernissima empatia.
Ci si può consolare della morte precoce (la loro misura del tempo essendo assai più breve) degli amici animali sostituendoli con animali-fotocopia oppure si può elaborare il lutto (perché di familiari, se vivono con noi, si tratta) pensando di poterli, altrove, reincontrare.

La salvezza estesa agli animali che Pdb ha così bene raccontato è la risposta al dolore espresso da un grande scrittore dimenticato come Carlo Coccioli (autore di «Davide», uno dei più grandi libri sull’amore tra uomo e Dio) nel suo «Requiem per un cane». Il suo Fiorello non era solo un compagno ma anche un messaggero, un disvelatore della meraviglia della creazione. Come quando, in Messico, vide per la prima volta il mare: «...briciola di pelame, cinque o sei ossa fragili, una lingua rosa, tre punti neri; e lo stupore. Lo stupore che rende sacro il momento: lo tramuta in adorazione».

Quando lo scrittore lo perse, lo salutò così, terminando il libro: «Un altro cane equivarrebbe a qualcosa di diverso, evidentemente; piuttosto che una copia tua, sarebbe una nuova e forse splendida avventura d’amore; ma ogni giorno di più mi stanca la fatica d’amare, Fiorello, sicché, invece d’agire per la moltiplicazione degli amori, comincio ad accettare la melanconia del mantenermi fedele, nell’amore, a ciò che ho amato. E per te, e per tutto quello che è stato con me e se n’è andato, continuo ad attendere con disperata speranza l’Altra Dimensione».

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