Robot al nostro fianco Meglio umani imperfetti

Robot al nostro fiancoMeglio umani imperfetti

di Sandra Tafner

Verrà un giorno in cui i robot sostituiranno in tutto gli umani? Finora simili previsioni erano affidate ai libri e ai film di fantascienza ma, stando a quanto offre la recente mostra di Londra, la realtà ha ormai raggiunto la fantasia e la sta superando con esseri artificiali in tutto simili nei tratti fisici e capaci perfino di mostrare sentimenti. Come dire che abbiamo costruito dei cloni per farci compagnia e per aiutarci.

Ma se quelli ci prendessero gusto diventando automi completamente autonomi? La corsa verso l'intelligenza artificiale è destinata a suscitare meraviglia e forse un tantino anche a spaventare, tant'è che le inevitabili reazioni sono già state sottoposte al vaglio degli psicologi. Al museo delle scienze di Londra il dibattito è più che mai aperto alla presenza di cento androidi, robot dalle sembianze umane. Si fanno discorsi di alta tecnologia che vanno a intercettare meditazioni filosofiche e risvolti dell'etica.

Vogliamo stimolare la gente a pensare, spiega il curatore dell'esposizione. E sicuramente da pensare ce n'è, così come ci sono tanti dubbi e poche certezze. Varrà davvero la pena farsi espropriare della nostra peculiarità di umani raggiunta dopo una trafila tanto lunga e complicata attraverso i millenni? Non è che diventeremo succubi delle macchine alle quali abbiamo dato gli strumenti per impadronirsi delle nostre azioni, dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti? Perché allora altro che aver paura dell'invasione dei marziani, se poi ce li costruiamo in casa! E magari anche simpatici, compagnoni che ci tengono allegri e che partecipano agli eventi della nostra vita, commuovendosi o dandoci una pacca di incoraggiamento sulle spalle. Molti robot sono stati concepiti con l'obiettivo di fare compagnia agli anziani, che così avranno la possibilità di fare due chiacchiere con degli pseudo umani. Anche perché gli umani sanno essere talvolta molto meno simpatici e tanto più egoisti. Ma sarà possibile affezionarsi a una cosa artificiale o non sarebbe meglio accarezzare un cane che nella convivenza capisce anche quello che non viene detto a parole? E i nonni si accontenteranno di un bambino artificiale o non ne avranno addirittura paura? E il bambino artificiale soffrirà di questo legame innaturale che lo relega nel reparto delle bambole parlanti?


Si aprono nuovi orizzonti che fino a non molto tempo fa erano previsti soltanto in letteratura. Jules Verne affascinò generazioni con il sottomarino Nautilus e il suo capitano Nemo. Era il 1800. Isaac Asimov tenne alta la tensione dei lettori con i classici di Urania e la gran parte delle sue cinquecento opere. Era il 1900. Ora a stupire sono mostre come quelle di Londra, con la differenza che i futuri compagni di viaggio artificiali sono usciti dalle pagine e stanno entrando nella vita reale con una velocità alla quale è difficile abituarsi. Molti sono i vantaggi della tecnologia in moltissimi campi, ma un po' di prudenza potrebbe forse evitare delusioni future. Perché il robot potrà sollevare l'uomo dalla fatica, potrà intervenire con estrema precisione in mille operazioni, potrà fornire servizi finora impensati, potrà dare utili suggerimenti, potrà in molti casi fare le veci dell'umano. Ma non potrà mai diventare umano. O almeno questa è la speranza, visto che molte cose una volta assolutamente impensabili si sono avverate e che gli automi sono già tra noi, talmente utili e perfetti da far rimpiangere talvolta l'imperfezione degli uomini veri.

È la speranza che rimanga qualcosa che non si può delegare, un piccolo patrimonio destinato solo agli esseri in carne ed ossa. Gli affetti, ad esempio. Che non succeda quel che nella mitologia successe a Pigmalione innamoratosi della statua da lui stesso scolpita, la splendida Galatea, alla quale però Afrodite - su sua pressante richiesta - infuse la vita facendola diventare una donna. Magari imperfetta, ma sicuramente tutta un'altra cosa.

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