Il Trentino finora ha solo dormito
Le reazioni sorprese e scandalizzate perché Funivie Folgarida e Marilleva, la più grande società trentina di impianti per lo sci e la montagna, è finita nel mirino della speculazione finanziaria col rischio che oscure società di Benevento o di chissà dove se ne aggiudichino all'asta il controllo, sono lacrime di coccodrillo che a nulla servono se non a piangere sul latte versato.
L'errore è avvenuto a monte, nel momento in cui una società sana e generatrice di ricchezza, pilastro primario del turismo della Val di Sole e di Campiglio, si è buttata in avventure finanziarie speculative come Aeroterminal Venezia per lucrare guadagni facili, che nulla avevano a che fare con la sua missione di qualificata attività impiantistica. Operazione spericolata che, come si sa, è finita male con il fallimento, un buco di decine di milioni, e la messa a rischio di un patrimonio strategico del Trentino e dello sviluppo economico di valli intere.
Non si può oggi stupirsi se dietro l'offerta all'asta di martedì scorso, sono spuntate società strane dedite ad una maxi-speculazione al rialzo più che a piani di sviluppo industriale di Folgarida, con l'obiettivo di realizzare semplicemente plusvalenze finanziarie. Alla faccia del Trentino, delle sue imprese turistiche, dei lavoratori e del futuro del territorio.
Semmai lo sdegno e la delusione dovrebbero nascere perché dal crac Aeroterminal ad oggi non ci si è attrezzati a livello imprenditoriale, turistico, politico, finanziario per costruire un dopo alle sventurate incursioni speculative dei Poletti e dei Bertoli. Non c'è stata la capacità di mettere in atto in tempo una cordata imprenditoriale e di capitali del territorio in grado di assumersi la responsabilità di dare continuità a Folgarida e rilanciarne il progetto di sviluppo. Si è dormito fino a queste ultime ore.
Ora si assiste ad una corsa affannosa e disperata cercando di mettere insieme un'alleanza possibile sul filo di lana.
Vedremo nei prossimi giorni, con il passaggio decisivo del 2-3 agosto, come andrà a finire. Se si riuscirà all'ultimo a dare vita ad un qualcosa di alternativo alla semplice speculazione, o se invece uno dei gioielli dell'impiantistica turistica del Trentino finirà chissà dove, semplice tassello di partite finanziarie giocate altrove.
L'incredibile vicenda, comunque, costituisce un fallimento clamoroso del cosiddetto «sistema Trentino», con cui a sproposito ci si riempie la bocca. Dimostrando fragilità e inconsistenze veramente allarmanti, a tutti i livelli.
A livello imprenditoriale e finanziario innanzitutto. Dove sono gli imprenditori trentini del turismo di fronte a tale sfida? Dove stanno le società finanziarie di investimento a tutela e crescita del territorio? Dove sono finiti gli investitori regionali, gli istituti di credito, i privati, i fondi di investimento?
Vuoto assoluto. L'unica cosa che si è stati capaci di fare è quella di invocare la Provincia perché, con i soldi dei contribuenti, si sostituisca agli imprenditori e diventi proprietaria degli impianti. Una specie di socialismo reale, implorato anche dalle voci di opposizione, dalla Lega e da Forza Italia, in una sorta di resa plateale all'evidenza che in Trentino non esiste classe imprenditoriale all'altezza, non si è capaci di creare una rete di soggetti economici del turismo, non si è un grado di progettare sviluppo ma si è solo bravi a piangere e a pretendere i soldi di piazza Dante. Vedremo se di fronte alla casa che brucia, in questi tre giorni che ci separano dalla data della prossima asta, si riuscirà a coagulare qualcosa.
Assordante il silenzio delle società finanziarie trentine, da Isa a Finanziaria Trentina alla stessa Fondazione Cassa di Risparmio, attente solo ai rendimenti trimestrali dei propri azionisti e a facili rendite finanziarie ma incapaci di porsi come autentico fattore di sviluppo del territorio, assumendosi in prima persona un ruolo di progettazione, investimento e sostegno imprenditoriale (vedi pure la vicenda Tassullo). Altro che motore di crescita del Trentino! Al massimo si riducono a fare da fondi di investimento, assicurando rendimenti garantiti a rischio zero agli azionisti, come dimostrano le quote sull'energia idroelettrica che servono solo a riscuotere la cedolare. Ora, con l'ipotesi delle ultime ore di un intervento-ponte di Trentino Sviluppo per non perdere la gara in attesa di un coinvolgimento successivo dei privati, saranno messe alla prova. Si vedrà di cosa sono capaci.
Del tutto assente in questa triste vicenda pure qualunque visione regionale, che esiste solo a parole, nelle tronfie dichiarazioni dei presidenti delle camere di commercio di Trento e Bolzano, ma nei fatti non ha alcuna corrispondenza. È in tale occasione che si doveva dimostrare se c'era una visione di territorio regionale, mettendo in campo risorse ed energie anche del vicino Alto Adige, uno dei distretti turistici più rilevanti delle Alpi, facendo squadra, unendo forze, creando rete fra distretti turistici e imprenditoriali dell'impiantistica e dello sci. Nulla di nulla. Si è arrivati alla vigilia della gara in una corsa affannosa a salvare il salvabile.
Miope e autoreferenziale si è dimostrata finora anche la visione dei territori.
Per anni solandri e rendeneri si sono guardati in cagnesco, con il sospetto e il timore che il vicino avesse qualcosa di più, divisi e incapaci di dare vita ad un unica forte società degli impianti, paralizzati nei veti reciproci. Forse adesso le resistenze autoreferenziali dei singoli comuni stanno venendo meno.
Si sta capendo che solo insieme si può vincere una sfida che ormai è globale, anche nel turismo. I campanilismi non hanno più ragione d'essere, pena il venir fagocitati da soggetti più grandi, ai quali del territorio interessa poco o niente.
Infine la politica. Quale è stata in questi anni la strategia politica del Trentino sul futuro del nostro turismo? Quali sono state le scelte strutturali di fondo? Quali ragionamenti sono stati messi in campo sul futuro degli impianti sciiistici, su quali sono sostenibili, anche economicamente, di quali sinergie abbisognano e quali fusioni richiedono? Si è pensato soltanto a risanare a pie' di lista a fine anno le perdite di gestione degli impianti, scaricando sul contribuente il prezzo da pagare e le non-scelte fatte.
Nel turismo ci si è trastullati nella convinzione che l'insicurezza internazionale e la paura dei viaggiatori di intraprendere mete esotiche siano sufficienti a garantire l'afflusso di villeggianti per i prossimi anni. E così si è dovuti arrivare alla vigilia dell'asta cruciale su Folgarida per muoversi, e intraprendere azioni.
Alla politica, alla Provincia, spetta invece disegnare e mettere in atto una strategia complessiva su quale turismo vogliamo per il Trentino dei prossimi anni, non acquistare impianti, in una sorta di sovietizzazione del territorio e dell'economia. L'ipotesi di un intervento emergenziale di Trentino Sviluppo, che scende in campo insieme a Funivie Campiglio, può essere la ratio estrema soltanto se è temporanea, come un'operazione-ponte, in attesa che privati e soggetti investitori facciano la loro parte. Non potrà essere la soluzione finale di Folgarida, nella distorta e pericolosa visione dello Stato-imprenditore, della Provincia impiantista, proprietaria gestore e risanatrice dei conti.
Giovedì 3 agosto si saprà se da questa brutta pagina di storia trentina potrà uscire un riscatto del territorio e dei suoi soggetti imprenditoriali, finanziari e politico-amministrativi. Speriamo vivamente che ciò avvenga, altrimenti sarà il segnale che il declino di questa nostra provincia è già irrimediabilmente avviato.