Sanremo 18 sull'autobus 10
Sanremo 18 sull'autobus 10
L’autista del 10 (ripartito da Martignano): «Lungo discese pericolose, senza difese, ritorniamo giù».
La passeggera senza biglietto: «E poi ci toglieremo i vestiti, per poter volare più vicino al sole, in una casa senza le pareti». L’autista del 10: «E non conosco più leggi di gravità, ostacoli....e complessità, raggiungo un’altra dimensione».
Il passeggero manager: «Dici che torneremo a guardare il cielo, alzeremo la testa dai cellulari. E dici che torneremo a parlare davvero, senza bisogno di una tastiera».
L’autista del 10: «Togliti la maschera, c’è troppa verità per stare qui».
Il passeggero manager: «Forse ho sbagliato, i taxi delle sei, panchine vuote e la mia barba dentro le vetrine. Ma tu che colpa hai».
L’autista del 10: «Atterraggi di fortuna, con il peso di una piuma».
La passeggera malinconica: «Anni come pietre che scorrono veloci nel mio sangue rapido».
Il passeggero psicanalista: «Una storia unica, singolare e atipica. Completamente antieconomica, a propulsione elica».
La passeggera malinconica: «Cadranno i grattaceli e le metropolitane. I muri di contrasto alzati per il pane».
L’autista del 10: «Prendimi la mano scappiamo via lontano. In un mondo senza nebbia, in un mondo senza rabbia».
La passeggera malinconica: «Così saremo vivi. Gabbia di ossa. Libero cuore».
Il controllore di Trentino Trasporti (salito in via delle Missioni Africane): «Ne han dette di balle gli specchi. Ne han visti di imbrogli i miei occhi».
L’autista del 10: «Senti il peso di ogni errore, vorresti arrenderti e andare via».
La passeggera malinconica: «Filtra fra i capelli tuoi e brilla dentro un prisma che mi abbaglia e mi colora di ambra e gioia».
L’autista del 10: «Tu ridotta una bambina, io tradotto in un bastardo. Non poteva che sbocciare un cardo viola».
Il passeggero psicanalista: «E fai l’analista di calciomercato. Il bioagricoltore, il toyboy, il santone. Il motivatore, il demotivato. La risorsa umana, il disoccupato».
Il passeggero romanesco (parlando nel sonno): «Passame er sale, er sale fa male. Passame er tempo, er tempo non c’è. Passame armeno i momenti che ho vissuto co’ te. Passame er vino, lo mischio cor sangue».
La passeggera malinconica: «L’amore non è che una sfida. Sarà la nostra regola. Come per Frida, come per Frida».
Avete letto tra le virgolette una selezione (letterale, senza aggiunte o interpolazioni) delle parole di Sanremo 18 (autoritratto degli umori dell’Italia 18) trasportati sulla linea 10 urbana di Trento. Grazie ai cantanti che li interpretano coraggiosamente in queste sere liguri (di ponente). Sono citazioni da tutte le canzoni in gara, ad eccezione di due, che sono state risparmiate, sopra il livello autobus: quelle di Max Gazzè (l’apulo-folk della «Leggenda di Cristalda e Pizzomunno») e Ron («Almeno pensami» di Lucio Dalla).
La conclusione la lasciamo all’autista del 10 ispirato dal concorrente Giovanni Caccamo, politicamente irreprensibile e super partes: «Siamo distanti dagli altri come stelle, siamo la stessa pelle».
Piazza Dante, il gran poeta bronzeo annuisce e indica il nord. Si scende.