Dalla A di Agostini alla Z di Zoeggeler
Festival, successo dalla A alla Z
A come Giacomo Agostini. Che la prima edizione del Festival dello Sport avesse tutti i crismi per sfondare, lo si è capito fin dal primo evento, venerdì. Piazza Duomo era piena di appassionati per salutare la partenza del campione con la sua Morini Settebello 175. A distanza di 56 anni ha ripercorso i tornanti della Trento-Bondone, la corsa che è nel cuore di tutti i trentini amanti dei motori. Poi a Candriai accoglienza trionfale con brindisi annesso. Chissà che la passerella di Agostini non aiuti il rilancio della montagna di Trento, che vive ancora soltanto grazie alle iniezioni di denaro pubblico negli impianti di risalita e alla lungimiranza di alcuni (pochi) albergatori ed esercenti.
B come bookstore. «Ma se in contemporanea ci sono eventi con Maldini, Nash, Pellegrini e l'Inter del Triplete, chi verrà mai ad ascoltare scrittori e campioni autori di libri in piazza Duomo?». Era questo, alla vigilia, l'interrogativo degli organizzatori della rassegna di incontri nel bookstore. Sbagliavano. Tanta gente, molta attenzione, grandi emozioni, domande pertinenti, libri a ruba: in un'Italia in cui dilaga l'ignoranza dei cyberidioti, dalla maxi libreria dalle porte aperte è arrivata una boccata d'aria fresca e un segnale di speranza.
C come camp. Piazze piene di ragazzini festanti alle prese con palle, bici, moschettoni, salti, corse e fioretti: anche i camp, favoriti da temperature primaverili, sono stati un successo. Un unico appunto: per accedervi bisognava essere tesserati, un freno per avvicinare allo sport i ragazzini che ancora non lo praticano.
D come Di Francisca. La madrina del Festival è un esempio di sacrificio, perseveranza e... programmazione. Dopo l'oro olimpico individuale e a squadre di Londra 2012 e l'argento individuale di Rio 2016, è diventata mamma. È tornata ad allenarsi, perdendo 16 chili. «Penso a Tokyo 2020, poi farò un altro bambino».
E come esaurito. È il cartello che virtualmente si poteva incontrare all'esterno delle sale in tutti gli incontri programmati. Se c'è stato un limite in questo Festival, è stato quello della capienza dei luoghi in cui sono stati organizzati gli eventi. La sala conferenze di Palazzo Geremia, per dirne una, è davvero troppo piccola. Per la prossima edizione si potrebbero sfruttare le aule magne delle facoltà di Economia, Sociologia, Lettere e Giurisprudenza, tutte collocate in centro storico. E, compabilmente con gli impegni di Itas Trentino e Dolomiti Energia, il top sarebbe ospitare un incontro al giorno, magari al mattino, al PalaTrento: per Maldini, Inter, Nash e Pellegrini si sarebbe raggiunto comunque il tutto esaurito. Accontentando tutti.
F come Formula 1. La Ferrari stenta anche in questa stagione, il Circus è dominato dalle Mercedes, alcuni Gran premi sono davvero monotoni, in Formula 1 da anni non abbiamo un pilota italiano, eppure i bolidi hanno ancora grande appeal fra i fans dei motori: il fascino della velocità non muore mai.
G come Guardiola. Dopo il messia del gol, Cristiano Ronaldo, in Italia potrebbe approdare il re degli allenatori, Pep Guardiola. Lo ha rivelato egli stesso ieri pomeriggio in un auditorium stracolmo di tifosi: il vero scoop della prima edizione del Festival dello Sport.
H come handicap. Le storie raccontate a Trento da Bebe Vio, Francesca Porcellato, Martina Caironi, Oscar De Pellegrin e Oney Tapia hanno dimostrato che i veri limiti sono quelli mentali, non quelli fisici. «Ti manca un braccio? Ne hai un altro e hai le gambe - ha detto il discobolo primatista mondiale -. Sei senza una gamba? Hai quell'altra e le braccia. E io sono il più fortunato: non ci vedo, ma gambe, braccia, cuore e testa funzionano benissimo. Non mi piacciono quelli che si lamentano perché hanno un po' male al ginocchio o perché piove. Oggi è sempre il giorno più bello». Chapeau.
I come Inter. Sarà la nostalgia per un'annata difficilmente ripetibile, sarà il carisma che campioni come Zanetti e Milito tuttora esercitano, sarà la frustrazione provata nell'assistere alle passerelle trionfali della Juventus in campionato, eppure i tifosi interisti al Santa Chiara hanno dimostrato un entusiasmo non comune e uno speciale orgoglio di appartenenza. Nella speranza di tornare a gioire non solo per le vittorie del passato.
J come jet. Sabato in piazza Dante gli uomini e le donne delle discipline veloci della nazionale di sci alpino hanno raccolto le maggiori richieste di selfie e autografi da parte dei tifosi. Con gli specialisti dello slalom in crisi, sono i discesisti - Goggia, Innerhofer e Paris - a vincere e a far sognare. A febbraio 2019 la val di Fassa ospiterà i Mondiali juniores di sci alpino. Chissà che dall'insidiosa Aloch non emergano nuovi talenti azzurri.
L come Luna Rossa. Quello trentino è un popolo di montanari eppure, mentre all'auditorium si celebravano i campioni nerazzurri, anche il Teatro Sociale era pieno per ascoltare i progetti di patron Bertelli che intende riprovare l'assalto all'America's Cup. È il Garda il mare di casa nostra e nel lago è cresciuto un campione che sarà protagonista di questa avventura: il velista Ruggero Tita farà parte dell'equipaggio di Luna Rossa. A dimostrare la versatilità degli sportivi trentini, capaci di emergere dai mari ai monti.
M come motocross. «Senza di voi non sarei nulla. Il Trentino ha sempre creduto tanto nel cross». L'attestato arriva dal nove volte campione iridato Tony Cairoli ed è un sigillo di garanzia per il Moto club Arco che ogni anno organizza il Gran Premio del Trentino, valido per il campionato del mondo, sulla pista di Pietramurata. Un altro mirabile esempio delle capacità organizzative dei dirigenti sportivi della nostra provincia.
N come Nash. «Adesso posso anche morire». Ce lo ha confessato sorridendo Luigi Longhi, il presidente dell'Aquila Basket dopo aver consegnato a Steve Nash, indimenticato campione dell'Nba, la maglietta della Dolomiti Energia. Dai tornei di serie D alle finali scudetto degli ultimi due anni, l'ascesa dell'Aquila è stata vertiginosa. Ma, a differenza di Nash che non ha rimpianti per non aver conquistato l'anello Nba, Trento il titolo tricolore prima o poi lo vuole conquistare.
O come Ondra. Tanti gli alpinisti e gli arrampicatori che sono sfilati al Festival. Ma se Messner è ancora il padre di tutte le imprese, Ondra rappresenta la «new generation», quella che non raggiunge le vette ma prova fino allo sfinimento, finché ci riesce, il passaggio più ardito in parete e si prepara all'esordio olimpico, fra due anni a Tokyo. Meno epopea, più spettacolarizzazione. A non cambiare è il fascino delle montagne, almeno di quelle non ancora «riminizzate».
P come pallavolo. Sport femminile per eccellenza, al Festival ha spopolato al camp in piazza Fiera. Archiviato con amarezza il quinto posto iridato dell'Italia ai Mondiali casalinghi, oggi torna a sognare con le azzurre che iniziano la Final Six in Giappone a caccia di quel titolo iridato sfuggito ai maschietti. Se arriverà, sarà la vittoria della nazionale dell'integrazione, trascinata in regìa da Ofelia Malinov, figlia di una coppia bulgara, e dalle bordate di Paola Egonu e Miriam Sylla, di origini rispettivamente nigeriane e ivoriane. Perché le «risorse», brutto nomignolo inventato dai cyberidioti, non sono solo quelle che violentano e spacciano droga, ma anche quelle che portano onore e gloria alla nostra nazione.
Q come quinta Olimpiade. L'annuncio della Divina è arrivato ieri all'auditorium: a Tokyo 2020 Federica Pellegrini ci sarà. Avrà 32 anni e accorcerà le distanze, gareggiando sui 100: dopo la delusione di Rio di Janeiro, chiuderà in gloria in Giappone?
R come record. Al primato era dedicato il Festival dello Sport. La prima edizione, oltre a quello dei numeri di visitatori e di eventi, può vantare un record particolare, di sicuro non programmato dagli organizzatori, ma certo apprezzato dalla cittadinanza: per tre giorni in piazza Dante i ragazzi in pantaloncini corti hanno sfrattato gli spacciatori di morte. A dimostrazione che forse in città non servono più divise, ma maggiori iniziative condivise.
S come storie. Lo sport non è soltanto numeri e record. È soprattutto storie di donne e di uomini che vincono, perdono, soffrono, si impegnano, imparano a vivere e crescono grazie alla pratica di una disciplina. A Trento di storie se ne sono sentite tante. E sono piaciute. Perché sono le storie che aiutano a trasmettere valori, a infondere fiducia, a superare le divisioni, a sperare in un futuro migliore.
T come Tortu. Su Filippo sono incentrate, anche troppo, le speranze di rinascita dell'atletica italiana. Fin da subito la sua figura è stata affiancata a quella del più grande velocista italiano di sempre, Pietro Mennea. «Per me - ha detto ieri a Trento - Mennea non è un'ossessione ma un traino per migliorarmi. Ho avuto la fortuna di conoscerlo ma di lui apprezzo ancora di più quello che ha fatto fuori dalla pista di atletica». Sono frasi come queste a far capire che Filippo non ha solo gambe ma anche cervello. E allora sognare è legittimo.
U come ultras. «Bisogna finirla con gli insulti: non si tratta di rivalità ma di maleducazione». Al calcio italiano manca cultura sportiva, ha sottolineato ieri Carlo Ancelotti. I primi a dare l'esempio dovrebbero essere i giocatori in campo. E se sentire Paolo Maldini provoca tanta nostalgia, è perché al nostro football più dei campioni mancano gli uomini, quelli veri.
V come Varenne. Dopo i record all'aperto, lo straordinario cavallo vuole battere anche quelli al coperto: «Riesce a far nascere 100 figli all'anno - ha raccontato a Trento il suo gestore - che hanno vinto già tantissime gare. Il papà, che a 34 anni è ancora in vita, a 19 anni diventò sterile. Ed è difficile andare oltre quella età. Varenne ancora a 23 anni è perfettamente fertile e non avverte cedimenti». Campione in tutto.
Z come Zoeggeler. Pragmatico Armin, il più grande slittinista di sempre: «I miei genitori - ha ammesso - sono stati contenti quando ho raggiunto, con l'ingresso nel gruppo sportivo, la sicurezza economica. È stato un passaggio particolarmente importante per me che ho praticato uno sport di nicchia». Perché, per alimentare i record, la gloria non basta.