L'importanza della vitamina D
L'importanza della vitamina D
È con un po’ di pudore che riprendo la mia rubrica, dopo le devastazioni causate dalle incredibili manifestazioni atmosferiche che hanno colpito il Trentino e un po’ tutta l’Italia.
Voglio anch’io complimentarmi con gli uomini della protezione civile, i vigili del fuoco e i volontari che si sono immediatamente attivati con la consueta efficienza, competenza e professionalità. Ma tant’è, e la vita deve andare avanti.
Oggi rispondo alla richiesta della signora Maria Grazia che mi chiedeva se le posso spiegare il motivo per cui oggi tantissime persone di sua conoscenza devono prendere l’integratore di vitamina D.
Cara Maria Grazia le ragioni possono essere diverse. Una prima considerazione da fare è che oggi si dosa questa vitamina nel sangue con sempre più frequenza, cosa che non succedeva fino a pochi anni fa, e ci si è resi conto che in effetti essa risulta spesso bassa.
Una seconda ragione potrebbe stare nell’uso di creme solari ad alta o altissima protezione che impedisce ai raggi solari di svolgere la loro azione a livello cutaneo. È noto infatti che la vitamina D viene prodotta dall’organismo in seguito all’esposizione al sole, grazie all’azione dei suoi raggi ultravioletti che trasformano il colesterolo in colecalciferolo.
Quest’ultimo dopo un passaggio attraverso il fegato e i reni viene trasformato in calcitriolo, che rappresenta la molecola attiva.
In passato, durante l’estate, l’organismo produceva vitamina D in abbondanza e la immagazzina prevalentemente dentro il tessuto adiposo. L’uso di creme solari potrebbe forse averne ridotto la produzione estiva e di conseguenza l’accumulo di questa vitamina.
Anche l’adozione di regimi alimentari particolarmente poveri di grassi potrebbe aver compromesso un adeguato assorbimento di vitamine liposolubili come la vitamina A, D ed E. Queste vitamine, dette liposolubili, vengono assorbite solo in presenza dei grassi dentro l’intestino. Da qui l’importanza di mettere un cucchiaio di olio di oliva sia a pranzo che a cena per garantirne l’assorbimento.
Tra gli alimenti, l’olio di fegato di merluzzo è il più ricco in assoluto di vitamina D, ma in genere un po’ tutti i pesci, come: sgombro, salmone e tonno ne contengono quantità discrete, così come le uova ed i latticini.
Un altro motivo dell’aumentata attenzione per questa vitamina sta nel fatto che ci si è resi conto che la vitamina D, non partecipa solo nel mantenimento della robustezza delle ossa, promuovendo l’assorbimento del calcio a livello dell’intestino, ma esercita un ruolo fondamentale in numerosi altri processi.
Recenti ricerche hanno dimostrato un ruolo cruciale della vitamina D nell’attivazione del nostro sistema immunitario. Senza di essa le nostre cellule non sono in grado di reagire efficacemente contro virus e batteri, aumentando il rischio di sviluppare infezioni più gravi.
In alcuni studi di laboratorio sui topi, ma non ancora sull’uomo, la vitamina D ha dimostrato di svolgere attività di prevenzione e di rallentamento dello sviluppo del cancro: infatti essa frena la crescita delle cellule degenerate, e ne favorisce la morte programmata (apoptosi).
Un grande studio europeo (EPIC) ha mostrato che le persone con i più alti livelli di questa vitamina nel sangue hanno un rischio di sviluppare un cancro al colon inferiore di circa il 40 % rispetto a chi invece ne è carente. Questo fatto non è forse imputabile a un’azione diretta della vitamina ma potrebbe semplicemente dimostrare che una vita attiva all’aria aperta ha la capacità di proteggere l’individuo contro i tumori.
Nella dermatite atopica e nella psoriasi pare che la vitamina D riduca l’irritazione cutanea, favorendo la produzione di proteine della pelle ad azione protettiva contro gli agenti esterni.
Sembra infine che la vitamina D migliori anche la sensibilità delle cellule all’azione dell’insulina, contribuendo così a regolare meglio la glicemia. Altre azioni di questa vitamina, che oggi viene considerata alla stregua di un ormone, sono legate alla regolazione dell’attività del testosterone; della leptina che è l’ormone che informa il cervello sull’entità dei depositi di grasso; ed è forse in grado di ridurre l’infiammazione di basso grado, comune a quasi tutte le malattie croniche.
Donne in menopausa e anziani sono i soggetti più colpiti dalla carenza di vitamina D, ma è un problema che può riguardare anche soggetti giovani, specie durante l’inverno, a causa delle nostre abitudini a vivere sempre di più in locali chiusi e, come detto, l’abitudine di consumare cibi sempre più poveri di grassi.
L’integrazione va fatta solo dopo aver documentato con un esame del sangue, la reale carenza, per evitare con un’integrazione inutile un sovraddosaggio di colecalciferolo. L’assunzione giornaliera può risultare problematica, specie per i pazienti anziani che stanno seguendo altre terapie. Sempre più spesso si preferiscono somministrazioni di dosi generose di colecalciferolo (25-50.000 U.I.) da assumere su un boccone di pane una volta al mese.
Per sapere se e come integrare la vitamina D chiedete sempre e comunque al vostro medico di famiglia che vi saprà consigliare al meglio.