Riconciliamoci con la vita: è bellissima
Riconciliamoci con la vita: è bellissima
Vorrei che tutti avessero una casa, un lavoro, di cosa sorridere, di cosa mangiare e di cosa vestire. Vorrei che tutti godessero del sole e della pioggia, della libertà. Di un tempo di pace. Senza paura. Senza sofferenze. Vorrei che tutti fossimo uniti come frammenti che formano insieme un’unica terra.
In questo giorno che celebriamo la Giornata della Vita dal tema «È vita. È futuro!», siamo chiamati a desiderare tutto questo. Perché la vita è un focolare colmo di presenza. Di qualcuno che ti è accanto come la certezza più felice. Gratuita. E spezza il pane della vita con te. Quello più sacro. Fino a fartelo gustare nel suo sapore, nella sua benedizione. Perché è fatto di condivisione. Come un forza che ti strappa via ogni disperazione. Ogni sfinimento. Ogni ferita.
Alleati della vita. Sì, anche quando scivoli sul ghiaccio dell’imprevisto e fai fatica a reggerti in piedi. Il nostro cuore che non vuole avere frontiere. Perché si ritrova in ogni miracolo che si fa incontrando, che si fa camminando, che si fa amando. Non allora una vita annacquata. Ma imbevuta. Di valore. Di splendore! Che moltiplica la bellezza. E si fa nervatura di ogni giornata in cui lei è ricordata. In cui le è donata! Questa è oggi la tavolozza piena di colori che userò per lanciare un messaggio semplice. Come è la vita vera. Sfumatura leggera che Dio ci ha infuso col suo fiato creatore. Vita! Sia Vita! Per voi solo la vita!
Sembra parlarci così. Non conti cioè altro che la vita davanti ad un Dio che vuole essere accolto e non obbedito. Coinvolto e non temuto. Soltanto chi ama la vita è profumo che penetra nelle esistenze toccate. Eliminandone le superficialità, le offese. Riconciliandoci col comandamento a non ucciderla. A non violarla. A non frenarla. Come esperti in vita! Più che nel resto. Perché la vita è il contrario di ogni trascuratezza, di ogni maschera, di ogni abuso, è cioè l’interesse per l’altro. La cura dell’altro. Il bene dell’altro. Non per nulla siamo chiamati «viventi». Perché abbiamo e difendiamo la vita. Perché la vita è l’intrusione della luce nell’universo. Un agguato di armonia. In tutte le sue fasi. In tutti i suoi nascosti o rivelati brandelli di magnificenza. E il metodo supremo di conoscenza nei suoi confronti è proprio questo meditarla. Questo inneggiare ai suoi processi. Secondo quella modalità che oggi stiamo costruendo col nome di “cultura della vita”. Intenta a suscitare in ciascuno il desiderio di schierarci con chi ancora non vive dignitosamente. A convertire in vita ogni gesto, ogni parola, ogni scelta. Ogni passo. Ogni sentire.
Come racconta saggiamente questa storia: C’era una volta un vecchio saggio seduto ai bordi di un’oasi all’entrata di una città del Medio Oriente. Un giovane si avvicinò e gli domandò: «Non sono mai venuto da queste parti. Come sono gli abitanti di questa città?» L’uomo rispose a sua volta con una domanda: «Come erano gli abitanti della città da cui vieni?» «Egoisti e cattivi. Per questo sono stato contento di partire di là». «Così sono gli abitanti di questa città», gli rispose il vecchio saggio. Poco dopo, un altro giovane si avvicinò all’uomo e gli pose la stessa domanda: «Sono appena arrivato in questo paese. Come sono gli abitanti di questa città?» L’uomo rispose di nuovo con la stessa domanda: «Com’erano gli abitanti della città da cui vieni?» «Erano buoni, generosi, ospitali, onesti. Avevo tanti amici e ho fatto molta fatica a lasciarli!» «Anche gli abitanti di questa città sono così», rispose il vecchio saggio. Un mercante che aveva portato i suoi cammelli all’abbeveraggio aveva udito le conversazioni e quando il secondo giovane si allontanò si rivolse al vecchio in tono di rimprovero: «Come puoi dare due risposte completamente differenti alla stessa domanda posta da due persone?»
«Figlio mio», rispose il saggio, «ciascuno porta nel suo cuore ciò che è. Chi non ha trovato niente di buono in passato, non troverà niente di buono neanche qui. Al contrario, colui che aveva degli amici leali nell’altra città, troverà anche qui degli amici leali e fedeli. Perché, vedi, ogni essere umano è portato a vedere negli altri quello che è nel suo cuore».
Il futuro allora abbia questi occhi limpidi che vedono il bene perché già lo si sta seminando nell’adesso, come ci ha esortato il Papa tornando da Panama. Adesso! Per dirci di non rimandare il bene che possiamo fare oggi.