I giovani e il coraggio di essere diversi
I giovani e il coraggio di essere diversi
«Dobbiamo avere il coraggio di essere diversi, di mostrare altri sogni che questo mondo non offre, di testimoniare la bellezza della generosità, del servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale». È uno dei numeri (n.36) più profondi dell’Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, consegnata al mondo da Papa Francesco. Un documento denso, composto da ben nove capitoli, scanditi in 299 numeri, in cui si è chinato come Pastore della Chiesa universale sulle domande e sulle speranze dei giovani di tutto il mondo. È una vera e propria lettera che nasce dal grido esultante della Pasqua: «Cristo vive!».
Sembra quasi che con le sue parole il Papa stia abbracciando ad uno ad uno questi giovani che vedono in lui un riferimento sicuro che non si stanca di parlare al loro cuore, di toccarli nel profondo delle loro inquietudini, dove cercano, dove soffrono di più e lo fa rivolgendosi così, tracciando l’unica strada per sollevare la fronte al sole della speranza, in un mondo che spesso li trascura o li mette da parte: «Non lasciare che ti rubino la speranza e la gioia, che ti narcotizzino per usarti come schiavo dei loro interessi. Osa essere di più, perché il tuo essere è più importante di ogni altra cosa. Non hai bisogno di possedere o di apparire. Puoi arrivare ad essere ciò che Dio, il tuo Creatore, sa che tu sei, se riconosci che sei chiamato a molto. Invoca lo Spirito Santo e cammina con fiducia verso la grande meta: la santità. In questo modo non sarai una fotocopia, sarai pienamente te stesso» (N.107).
Il Papa chiede loro di rischiare tutta la loro energia, la loro bellezza, la stessa giovinezza. Chiede l’apertura a quel di più possibile solo presso Dio, nell’amicizia con Lui. Dio è la misura di questa pienezza autentica. E arriva a quest’altra espressione dove affidarsi a Lui è il segreto per conquistarla: «Gesù si fa presente in queste croci dei giovani, per offrire loro la sua amicizia, il suo sollievo, la sua compagnia risanatrice, e la Chiesa vuole essere il suo strumento in questo percorso verso la guarigione interiore e la pace del cuore».
Dialoga ancora il Papa, senza indugiare. Specie quando si appella alla coscienza sociale. È urgente, sottolinea Francesco, che «la società sia più madre, perché invece di uccidere impari a partorire, perché sia promessa di vita» (n.75) e che si creda fortemente che «la capacità di individuare percorsi dove altri vedono solo muri è il saper riconoscere possibilità dove altri vedono solo pericoli» (n.67). Faccio mio tutto questo, proprio oggi che festeggio il mio 25° anniversario di consacrazione episcopale. Il punto più luminoso è raccolto in questa frase che è il fulcro della mia stessa missione di pastore: «Quando saprai piangere, soltanto allora sarai capace di fare qualcosa per gli altri con il cuore» (n.76). Piange chi ha cuore e chi ha a cuore gli altri!
Vivo infatti questo mio Giubileo, con grande benedizione per la mia vita di vescovo. Ricordo come la consacrazione sia stato un evento sereno, pieno, con la gente del Sud e quella di Denno che mi faceva festa. Tra i tanti segni, uno in particolare mi ha segnato. Infatti, il vescovo Mons. Giuseppe Agostino mi versò un olio abbondantissimo, sul capo, nell’atto della consacrazione. Un profumo intenso si diffuse in tutta la cattedrale di Crotone. Avevamo da poco celebrato la Pasqua. E l’olio del crisma scese fin sulla mia barba.
Capii allora quel versetto biblico, che si canta nel salmo: «Ecco come è bello e dolce che i fratelli vivano insieme. È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, che scende sull’orlo delle sue vesti». (salmo 132).
Anche oggi, quel segno mi resta impresso sulla mitria. È stato per me come un mandato: creare fraternità, non lasciare nessuno solo, intrecciare cuori e stendere una rete di speranza per ogni cuore che è fragile. Per ogni giovane che è solo, che non ha lavoro. Da qui, anche le iniziative di Cooperazione trentina, che ha sorretto tanti segni di solidarietà per i nostri giovani. Sia in Calabria che in Molise. Una rete e non una ragnatela, che chiude i porti e impedisce di sperare. Infatti, senti che «la Chiesa vuole essere il strumento verso la guarigione interiore e la pace del cuore. Perché Cristo vive»!