Piccolo corso di diritto condominiale/26: la delega alla partecipazione in assemblea
La delega alla partecipazione in assemblea
Abbiamo detto che il presidente dell’assemblea deve verificare che i soggetti presenti alla riunione siano legittimati a partecipare. Abbiamo detto anche delle regole che disciplinano la presenza degli inquilini in assemblea e le condizioni alle quali gli stessi possono addirittura esprimere il proprio voto e, infine, come debba essere designato a partecipare in assemblea il comproprietario di una unità immobiliare.
Oggi completiamo l’indicazione dei soggetti che sono abilitati a partecipare all’assemblea con la figura che capita più spesso di incontrare: quella del delegato.
Da sempre è prevista la possibilità del condomino di delegare altri soggetti alla partecipazione all’assemblea e lo strumento è noto a tutti ed è nota anche la sua fondamentale importanza, nella pratica quotidiana, per raggiungere i quorum prescritti dalla legge che difficilmente potrebbero essere soddisfatti se fosse richiesta sempre la presenza personale dei condomini alla riunione.
La norma che prevede e disciplina il diritto di delega del condomino è l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione al codice civile, che è stato riformato, come quasi tutti gli articoli del codice in materia di condominio, nel 2012.
L’art. 67 prevede che “ogni condomino può intervenire all’assemblea anche mezzo di rappresentante, munito di delega scritta”.
Questa particolarità formale (la forma scritta) è stata prevista dalla legge di riforma, nel testo originario del codice non era prevista, tanto che spesso, con l’avvallo dei giudici, la delega si riteneva esistente anche in forma implicita o sulla base di semplici presunzioni.
Oggi le deleghe orali, quelle implicite, quella per presunzioni, devono considerarsi nulle e prive di effetto.
E’ utile precisare che si parla di atto scritto si parla infatti di delega formata per iscritto e quindi contenente la dichiarazione di volersi fare rappresentare da parte del rappresentato, l’indicazione del rappresentante, e la sottoscrizione del rappresentato, elemento indispensabile per soddisfare il requisito della forma scritta: la delega via sms non soddisfa pertanto il requisito di forma chiesto dalla legge.
Nella prassi condominiale degli scorsi decenni spesso ci si è trovati ad assistere ad assemblee di condominio nelle quali uno o più condomini erano reduci da una vera opera di rastrellamento, permettete l’uso della metafora, del condominio alla ricerca del massimo numero di deleghe possibili. Fino a 2012 nessuna norma limitava il potere del condomino di essere delegato da tanti altri condomini alla partecipazione in assemblea e quindi, salvo che il potere non fosse limitato dal regolamento, la prassi era legittima.
Per limitare tali pratiche e assicurare una maggiore dialettica durante la riunione il codice civile, nel suo nuovo testo, prevede che se i condomini sono più di venti il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale. Viene da chiedersi come debba essere interpretata questa norma. Vi sono due ipotesi: il delegato non può rappresentare più di 200 millesimi e più di un quinto degli altri condomini sommando, per la verifica del superamento o meno di questo limite, anche i propri millesimi e la propria testa; oppure: il delegato, a prescindere dai millesimi dallo stesso posseduti, non può raccogliere più di 200 millesimi di deleghe e più di un quinto di deleghe del condominio, esclusi dal calcolo i suoi millesimi e la sua testa.
Tale seconda interpretazione è, a mio modo di vedere, quella corretta, anche perché la prima priverebbe in termini assoluti i condomini con più di 200 millesimi di ricevere deleghe da altri condomini. Ma bisogna dire che alcuni autori sono di opinione diversa e pensano quindi che il limite sia raggiungo sommando i millesimi e la testa del condomino delegato.
Un’altra prassi sulla quale la riforma del codice civile e’ intervenuta e quella, in passato assai frequente, di concedere allo stesso amministratore deleghe per la partecipazione in assemblea. Tra le prassi non virtuose ante riforma questa era una delle più problematiche. Va considerato infatti che l’esame e l’approvazione del consuntivo predisposto dall’amministratore è uno dei momenti fondamentali di snodo di un’assemblea ordinaria di condominio. È il momento in cui si verificano i conti, si discute con l’amministratore ciò che è stato speso, si verificano e ci si confronta sui criteri di ripartizione delle spese.
La frequente abitudine di dare all’amministratore la delega, soprattutto quando questi riuscisse ad assommare un numero di deleghe significativo, giungeva ad annullare la dialettica in ordine all’approvazione del consuntivo poiché è ovvio che l’amministratore mai avrebbe smentito, come delegato gli altri condomini, il proprio stesso lavoro.
Oggi la delega all’amministratore è radicalmente vietata.
Una volta intervenuto in assemblea il rappresentante ha il potere di esprimere il voto come ritiene e il codice precisa che ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Pertanto se il rappresentante viola l’incarico che il rappresentato gli ha dato conferendogli la delega (ad esempio: mi raccomando vota contro la nomina dell’amministratore), questa violazione rileva solo nel rapporto tra loro due e non anche verso il condominio che, come detto, è per forza di legge estraneo al contenuto interno degli accordi tra delegante e delegato.
Vi è infine da ricordare che “condomino in assemblea” è alternativamente l’usufruttuario o il nudo proprietario a seconda che si decida in materia di gestione ordinaria o straordinaria. È possibile quindi che durante una riunione sia chiamato a votare per alcuni affari il nudo proprietario e per altri l’usufruttuario o il titolare del diritto di abitazione che all’usufruttuario per legge è equiparato.