Il distanziamento sociale invisibile
Il distanziamento sociale invisibile
C’è già, il distanziamento sociale. Non si misura in metri. Si misura in denaro. Il Covid-19 ha creato nuove povertà, nuovi disagi sociali, nuove emarginazioni. Un tempo, avremmo parlato di sfida fra capitalismo e socialismo. Oggi la contrapposizione è fra società del denaro e Stato sociale. Più di 40 mila professionisti e titolari di partita Iva (quasi 90 mila in tutta la regione) hanno già chiesto il “bonus” all’Inps. A questi bisogna aggiungere le aziende che aspettano, non mance da restituire, ma soldi veri per poter tenere aperte le loro fabbriche, per poter dare lavoro ai loro operai, per poter tenere in piedi il Pil di un territorio che - qualcuno lo dimentica? - deve la sua forza, la sua fortuna e la sua ricchezza a ciò che torna sotto forma di tasse: denari che in assenza di lavoro e di prospettive rientreranno solo in parte.
C’è poi l’altro distanziamento sociale: si misura in anni sulle spalle. Lo zaino dell’anagrafe, alla cassa della vita, ha pesi molto diversi: se hai i capelli bianchi, rischi di finire in seconda fila. In attesa. Anche se stai bene. Anche se questo mondo manco ci sarebbe, se prima non ci fossi stato tu.
Non ci sono solo i verdetti dei tribunali. Ci sono anche quelli sociali e politici. I giudici dovranno dirci cos’è successo in alcune case di riposo. Senza fare di tutta l’erba un fascio. Il nostro Paese non è un grande Pio Albergo Trivulzio. Le semplificazioni sono pericolose. Ma è ora e tempo che qualcuno si chieda come mai gli anziani vengano considerati o un business o una specie di intralcio a un presente che va di corsa. La riconoscenza non è un valore riconosciuto, nel tempo dell’usa e getta. Il Covid-19 ha costretto - anche se per fortuna solo in rari ed estremi casi - a scegliere chi curare e chi no. E ci ha messi di fronte a due società fra loro diverse e incompatibili: quella delle autostrade della frenesia, dove solo chi corre ha un pass per entrare, e quella dei parcheggi, dove ci si può anche dimenticare di chi - per ragioni anagrafiche o economiche - resta indietro. Alcuni verdetti saranno affidati agli elettori, che non dovranno solo interrogarsi su come una classe politica - trovandosi di fronte a qualcosa di oggettivamente impensabile - abbia affrontato un’emergenza, ma anche su come sia arrivata a questo appuntamento che è uno spartiacque fra un prima e un dopo. La sanità privata che spesso è stata preferita a quella pubblica (la Lombardia è un esempio insieme tragico ed illuminante) è solo una faccia della medaglia: la salute è un interesse collettivo che non si può declinare solo in termini di efficienza. Persino semanticamente, è sbagliato parlare di aziende sanitarie. Perché la sanità deve rispondere a ben altre logiche. Non solo in tempo di coronavrus. Si tratta di scegliere fra inclusione ed esclusione.