La Pasqua di Mosca ai tempi del virus
La Pasqua di Mosca ai tempi del virus
Costruita dagli zar, distrutta da Stalin, ricostruita dopo la caduta del comunismo, la cattedrale di Cristo Salvatore era stata, ogni anno, la sede in cui il patriarca di Mosca celebrava la Pasqua ortodossa con grande affollamento di popolo. Ma adesso, nel week-end, causa virus, era praticamente vuota quando il capo della Chiesa russa, Kirill, ha presieduto il solennissimo rito.
Infatti, per cercare di limitare la diffusione del Covid-19 nel paese, il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha invitato anche il patriarcato ad adottare norme restrittive; e così già da una settimana le chiese a Mosca erano state chiuse, malgrado l’imminenza della Pasqua (che le Chiese ortodosse, seguendo il calendario giuliano, quest’anno celebravano il 19 aprile, mentre in Occidente, con il calendario gregoriano, il 12 del mese).
Kirill ha dunque invitato i fedeli a seguire devotamente, in diretta tv, la celebrazione della Pasqua, svoltasi nella cattedrale. L’edificio era stato terminato sotto lo zar Alessandro III, nel 1883. Quando Stalin andò al potere, decise di costruire, al suo posto, un grande palazzo; ma, siccome là vicino scorre la insidiosa Moscova, gli architetti lo sconsigliarono. Allora il dittatore fece minare la cattedrale, riducendola in polvere e, al suo posto, costruì una grande piscina riscaldata. Dopo il crollo dell’Urss si è deciso di ricostruire, con tecniche moderne, l’edificio, sempre affollatissimo; ma, in questa Pasqua, praticamente vuoto (Kirill e pochi dignitari e diaconi).
Nella sua omelia il patriarca ha detto: «La fede dà la forza di sopportare avversità, come quelle che ci colpiscono oggi con la diffusione di un virus pericoloso. Malgrado le prove straordinarie che incombono, ricordiamo le parole del Salvatore: “Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo”».
Nelle stesse ore, celebrava la Pasqua ad Istanbul il patriarca ecumenico, Bartolomeo, “primus inter pares” tra i gerarchi ortodossi (ma in patria ha solo quattromila fedeli). Nella sua omelia ha rilevato: «Il coronavirus ha dimostrato quanto fragile sia l’uomo, quanto facilmente lo domini la paura e la disperazione, quanto impotenti si rivelino le sue conoscenze e la sua fiducia di sé». E, poi: «La speranza dell’eternità vive nel cuore di tutti i medici, infermieri, volontari e di tutti coloro che prestano assistenza generosamente, con spirito di sacrificio, abnegazione e amore, ai fratelli che soffrono Nel mezzo di questa crisi indicibile, essi profumano di resurrezione e speranza».
Anche Francesco, ieri, ha fatto gli auguri alle Chiese ortodosse, che celebravano la Pasqua in contemporanea con i cattolici di rito orientale (una piccola minoranza all’interno della maggioritaria Chiesa latina). Invece non si sono fatti gli auguri Kirill e Bartolomeo: il patriarca russo, infatti, ha rotto la comunione eucaristica con l’altro patriarca, perché questi - malgrado il no di Mosca - ha voluto concedere l’autocefalia (indipendenza canonica) alla Chiesa ortodossa ucraina.