La nostra emozionante gita in libreria
La nostra emozionante gita in libreria
«Si sta comodi!». «Velocissimi!». «Fantastico!». Le prime reazioni dei miei figli.
Non siamo andati in un resort a cinque stelle (anche se un bel centro benessere non mi dispiacerebbe), né ho prenotato un tour in elicottero. Semplicemente, dopo due mesi, siamo saliti in macchina.
Di nuovo tutti insieme, musica a volume altissimo, direzione libreria. E il viaggio ha già il sapore di un giro sulla luna. Quando ho annunciato che nel pomeriggio saremmo usciti in auto, nella prole è scoppiata l’eccitazione. Silvia ha concluso i compiti in mattinata. Operazioni perfettamente incolonnate, lettura e comprensione, perfino riordino totale della stanza. Caterina non si è spinta fino alla sistemazione della scrivania, ma anche lei ha finito i compiti senza pause.
In questi giorni la sua camera sembra un’installazione artistica: pile di libri abbandonati in ogni posizione, leggio per musica davanti all’armadio, sedia sommersa da strati di vestiti. Dico a me stessa che mia figlia è una creativa e solo occasionalmente esplodo in qualche urlo. Ma ora non è il momento. Luciano corre a cambiarsi i pantaloni, probabilmente con l’intento di mettersi in ghingheri. In un attimo svuota il cassetto, infila un paio di calzini al contrario e sceglie dei jeans troppo pesanti. È probabile che tutte le altre mamme abbiano già provveduto al riordino degli armadi, ma io fingo di dimenticarmene; i cassetti straripano ancora dei maglioni pre-quarantena, quando la stagione non era cambiata. Ma anche di questo mi occuperò poi. Nel frattempo, fra urla di giubilo, mascherine dimenticate e riprese, litigi per l’ordine di entrata in auto, riesco a far mettere la cintura a tutti. Luciano è estasiato dalla magia dei finestrini. Alza e abbassa senza sosta fino a rimprovero. Poi passa ad aprire e chiudere lo sportello, ma siamo già in movimento e scattano le minacce. Non è un metodo educativo ortodosso, però riesco ad arginare un’eccitazione potenzialmente rischiosa. Non vorrei che parte della figliolanza rotolasse sulla strada. Dopo la partenza iniziamo a cantare a squarciagola. Caterina sceglie De André. Silvia è una fan dei Pinguini Tattici Nucleari. Luciano alterna «Cocco e Drilli» e Achille Lauro. Passiamo con entusiasmo e scioltezza da un genere all’altro. L’unica costante è il volume: sembriamo una discoteca ambulante. La macchina, oltretutto, ha un colore coreografico.
Il libreria c’è il disinfettante per le mani all’entrata. L’uscita è da una porta dedicata. Alla cassa c’è un pannello di plexiglas che ricorda le protezioni delle banche. Ma l’ingresso è un’emozione da nodo in gola. Siamo di nuovo qui e possiamo sparpagliarci per gli scaffali in preda a una specie di fame. Caterina sceglie due libri sull’Olocausto. Silvia trova Percy Jackson. A Luciano propongo una serie di albi illustrati, ma alla fine preferisce un pop-up dall’accattivante titolo «I mezzi di soccorso». Accompagna l’esultanza con potenti imitazioni della sirena, e a questo punto filiamo fuori alla svelta. Ma il bello è che la nostra auto dal colore improbabile è fuori ad aspettarci. Possiamo salirci di nuovo tutti insieme; aprire i finestrini (magari non di continuo), cantare per tutto il tragitto, con tutto il fiato. Lei lo chiamava Cocco, lui invece Drilli. Re Carlo tornava dalla guerra, lo accoglie la sua terra cingendolo d’allor. È come se fosse l’inizio di un nuovo viaggio.