Da Scognamiglio a Kaswalder...
Da Scognamiglio a Kaswalder...
C’ è stato un tempo, non esattamente milioni di anni fa, nel quale un pezzo di questo Paese si scandalizzò per una cosa inaudita e mai vista: il nuovo presidente del Senato, nel suo discorso di insediamento, osò infatti parlare all’aula - e idealmente a tutti noi - tenendo la mano in tasca. Era il 1994. E il professor Carlo Scognamiglio Pasini, economista di buona famiglia, stupì tutti. Ancora non si sa se l’intenzione fosse quella di evocare pezzi di rivoluzione francese, quella di emulare Gianni Agnelli o quella di avvicinarsi al popolo con un gesto fino a quel giorno comunque impensabile, un gesto che apriva la strada alla Seconda Repubblica, al ventennio berlusconiano e a molto altro.
Da allora, ovviamente, tutti si sono sentiti autorizzati a fare lo stesso: Renzi all’esordio da presidente del consiglio, il presidente della Camera Roberto Fico in più di un’occasione pubblica e via rompendo regole e trattati più o meno ufficiali di bon ton. Parto da qui, da un episodio che può sembrare minore, per riflettere ad alta voce sul livello - che è fatto di monaci, ma anche degli abiti che indossano - delle istituzioni. La mia è una sorta di lettera a nuora perché suocera intenda. La nuora è il presidente Maurizio Fugatti, che pur con qualche affanno (penso ad esempio a qualche like di troppo su facebook o a qualche scivolata salviniana), ancora cerca di ricordare e di ricordarci una grande differenza. Quella fra il ruolo politico di leghista della prima ora, seppur con venatura fortemente democristiana, maroniana o zaiana (trattasi in fondo quasi di sinonimi) e il ruolo istituzionale di presidente della Provincia.
La suocera, ma già l’avete capito, è il presidente del consiglio provinciale Walter Kaswalder, che continua a pensare che le istituzioni e i bar siano sostanzialmente la stessa cosa. Non mi rivolgo a Fugatti perché il presidente Kaswalder ha allontanato giornalisti “colpevoli” di fare il loro lavoro o perché ha cercato di distruggere il telefono del nostro Nicola Marchesoni, che mai avrebbe pensato di dover temere un simile assalto. Non chiedo al presidente Fugatti di intervenire nemmeno perché ora il presidente Kaswalder ci fa scrivere lettere degli avvocati, benché si sappia bene che quando ci si parla attraverso i legali si vanificano anche le goffe scuse arrivate a tempo scaduto.
Mi rivolgo al presidente Fugatti perché so che lui sa che Kaswalder, nel bene e nel male, è sempre stato così. Tante cose, fuorché una: non è mai stato istituzionale. Non riesce a stare al di sopra delle parti, perché è fieramente di parte. E se ne vanta. Mi rivolgo allora al governatore perché è l’unico - visto che da tempo si parla di qualche aggiustamento, per non dire rimpasto - che può affidare un altro incarico a chi con certi atteggiamenti fa solo male a tutte le istituzioni. In alcuni casi, mettere le mani in tasca sarebbe una preziosa conquista.