Costruire il futuro andando a votare
Considero fondamentali due cose, nello straordinario gioco della democrazia chiamato voto. La prima è semplice, anche se per ragioni diverse va sempre meno di moda: votare. Sì, ritengo indispensabile votare sempre. Perché non c'è altro modo per contare e per contarsi. Per pesare. Per scegliere. Anche per evitare che altri scelgano al nostro posto.
Votare significa dare un senso alle battaglie di chi ci ha preceduto. Vuol dire riempire di contenuti la libertà di cui tutti disponiamo - anche senza rendercene conto - grazie ai sacrifici, alle sfide e alle conquiste politiche di chi si è battuto, come avrebbe detto Degasperi, non per le prossime elezioni, ma per le prossime generazioni.
La seconda cosa che considero indispensabile e che mi è molto cara, è un punto di partenza e insieme un punto d'arrivo: sindaco o sindaca a parte, le mie preferenze - quando sceglierò chi (cercare di) mandare in consiglio comunale - andranno in egual misura a candidate e candidati. Perché nell'urna si possono fare davvero molte rivoluzioni: si possono cambiare la politica, le istituzioni, persino la cultura di un Paese.
In gioco, oggi e domani, c'è il futuro delle nostre città. E i prossimi anni, non solo per la pandemia che stiamo vivendo e che purtroppo ancora ci costringe a fare i conti con la paura, saranno ancor più delicati di quelli che abbiamo appena vissuto. E c'è anche un pezzo del futuro del Paese, in questa chiamata alle urne: il premier Conte è stato molto abile nel chiamarsi fuori da ogni scontro, ma non sarà certo solo l'esito del referendum (che sembra quasi organizzato per permettergli di cercare di pareggiare) a farlo cadere o a rafforzarlo. L'ho già scritto: non c'è un voto, in Italia, che non finisca per determinare un pezzo delle sorti del Paese. Oggi e domani quel pezzo di Paese, anche quel pezzo di città, saranno nelle nostre mani. Una bella responsabilità. Ma anche una bellissima occasione per costruire il domani.