L'Italia vista dal "fortino"
L'Italia vista dal "fortino"
La forza tranquilla di Ianeselli a Trento. Il travolgente furore garbato di Zaia in Veneto. Le vele gonfie di Brugnaro a Venezia. L'energia del costruttore di ponti Toti in Liguria. L'exploit del tenero Giani in Toscana. Il braccio di ferro (fra imputato e giudice, dicono i maligni) fra Fitto ed Emiliano in Puglia, con la netta vittoria del secondo. La stella del discusso sceriffo De Luca in Campania. L'annunciata incertezza di Bolzano. E il sì che vince al referendum senza però sfondare: se si dovessero guardare le scelte degli italiani, il Parlamento non andrebbe infatti pesantemente tagliato, ma solo un po' sfoltito. Nessuna onda populista, insomma. Anche se forse bisognerebbe trovare altre parole per definire stati d'animo di elettori che non vanno mai confusi con le strumentalizzazioni di alcuni politici.
Le sentenze di exit poll e sondaggi sono spesso scritte sull'acqua. Con inchiostro simpatico. Che svanisce dopo poche ore. Anche il presente (oltre al futuro, per dirla con Enrico Ruggeri) è dunque un'ipotesi.
Pure presi con le pinze, i numeri sembrano però dire che il fortino di centrosinistra di Trento resiste e che quello di Bolzano trema. Tutti i dati che ieri ci hanno travolto in un pomeriggio ricco di annunciate conferme (trentine), di previste incertezze (bolzanine) e di recuperi (nazionali) sorprendenti, sono unanimi nel dire che Ianeselli, a Trento, ha un vantaggio incolmabile nei confronti di Merler e che agli altri - alla faccia di una campagna elettorale piena di apparenti terzi incomodi - restano le briciole. Palloncini che volano via al primo colpo di vento.
Il vantaggio, a detta di tutti i maghi delle previsioni (scienza che peraltro non sempre s'è rivelata esatta), permetterà a Franco Ianeselli d'insediarsi subito a Palazzo Thun, senza dover passare per l'incandescente graticola del ballottaggio.
Ma per cantar vittoria, il sindacalista che è riuscito a ricompattare il centrosinistra, dovrà comunque aspettare questa sera. La forbice che lo dà fra il 51 e il 55 per cento (con Merler fra il 30 e il 34) ha il merito di fargli quasi doppiare l'avversario, ma ha il demerito d'essere ancora troppo vicina alla metà più uno degli elettori. Questione comunque di poche ore. E un po' di scaramanzia - che Ianeselli ha subito sfoggiato - non guasta.
È invece certo il ritorno alle urne dei bolzanini: il candidato del centrodestra unito, Roberto Zanin, sarebbe in leggero vantaggio sul sindaco uscente del centrosinistra Renzo Caramaschi, ma entrambi si piazzerebbero a più di dieci punti dal tetto del 50 per cento dei voti. Il colpaccio, al ricompattato centrodestra, è dunque riuscito solo in parte. E il mercato degli accordi e delle spartizioni - come ben s'era capito già qualche settimana fa - è dunque già aperto. I più ambiti sono ovviamente i voti del candidato sindaco della Svp: Walcher - stando ai sondaggi Rai - oscilla fra il 10,5 e il 14,5 per cento. Ma a Bolzano saranno preziosi anche i voti del gatto con gli stivali Gennaccaro: se davvero s'assesterà su numeri che vanno dal 4,5 al 6,5 per cento, potrà saltare con abilità sia di qua che di là. Sarà anche un aghetto della bilancia, quello che stringe in pugno "Genny", ma per un paio di settimane quell'aghetto avrà quotazioni superiori a quelle dell'oro.
Partita dunque apertissima, quella di Bolzano. Con risultato incerto fino all'ultimo. Fra l'altro, anche per la Svp - già arrivata discretamente divisa alle urne - non sarà facile scegliere: col centrodestra di Zanin, fotocopiando l'alleanza che regge la Provincia? O col centrosinistra di capitan Caramaschi ("sposato" da Walcher e di fatto anche da Kompatscher già prima del voto)? In fondo, si dice in più di un palazzo, con Fausto Coppi/Renzo Caramaschi/uomo solo al comando, s'è già governato fino ad oggi, in linea con quanto s'è fatto per decenni, sostenendo senza tentennamenti il centrosinistra italiano bolzanino. Talvolta tenere il piede in due scarpe (specialità cara alla Svp) non aiuta a camminare e a scegliere. Lo si è visto cinque anni fa a Laives, dove fra l'altro la Svp ha ancora l'ambizione di spostare di qua o di là il (determinante) peso dei suoi voti. Questa volta il Landeshauptmann Kompatscher, appoggiando Caramaschi, potrebbe però persino spingersi a mettere in discussione l'alleanza che regge la Provincia: almeno sulla carta, un "ribaltone" simile a quello che ha permesso a Conte di andare avanti sostituendo in tre minuti la Lega col Pd, è possibile anche in Alto Adige. Fra gli spiazzati, in questo caso, ci sarebbe anche il presidente Fugatti. Anche se il governatore trentino potrebbe approfittare della sconfitta per dare un altro volto alla sua giunta e per togliersi sassolini dalle scarpe (leggi pietre dalle giunte e dalle istituzioni).
Da queste parti, referendum a parte, lo spoglio inizierà solo questa mattina. Ma nella notte che s'è appena chiusa non saranno certo mancate telefonate e più o meno insistenti messaggini. Troppe cose sono ancora aperte. Qui, ma anche nel resto del Paese. Il primo esempio riguarda la sorte di Salvini: anche se a Bolzano la Lega pare tirare ancora, la sua stella (nazionale) sembra, se non addirittura tramontata, definitivamente in calo. La stratosferica vittoria di Zaia - che non a caso più d'uno già immagina al posto di Matteo alla guida di una Lega di governo più che d'urlo - è infatti molto personale. La sua lista ha preso quasi tre volte i voti della Lega. E visto che il centrodestra non è riuscito a espugnare la Toscana e a riprendersi la Puglia, la resa dei conti, all'interno dell'alleanza e dei singoli movimenti, sarà inevitabile. Intendiamoci: il peso complessivo del centrodestra resta circa lo stesso, ma Forza Italia è ormai una ruota di scorta di un'auto che ha due piloti (Salvini e Meloni) che si contendono la guida e che non hanno esattamente la stessa idea rispetto alla direzione da prendere. Le vittorie in Liguria e nelle Marche rincuorano un po', ma il centrodestra s'aspettava ben altro, da questa tornata elettorale.
Resiste invece la stella non esattamente lucente di Conte. Defilato più di un doroteo d'antica memoria in questa campagna elettorale, il presidente del consiglio potrà comunque presentarsi questa sera come vincitore: il Sì al referendum rafforza il suo governo (che in quel sì ha fortemente creduto e investito) e la tenuta del Pd gli permetterà di evitare le montagne russe d'una resa dei conti che avrebbe potuto rivelarsi esiziale non solo per Zingaretti (che ieri sprizzava vittoria da tutti i pori e che già annunciava l'apertura del cantiere delle riforme), ma anche - citando Trump - per il governo di "Giuseppi". Per paradosso, un rimpasto - qualora il Pd spingesse in tal senso - potrebbe persino aiutare il presidente del consiglio. Se Pansa fosse ancora vivo, probabilmente parlerebbe di Conte come di un coniglio mannaro (definizione usata al tempo per il leader democristiano Arnaldo Forlani). Anche la debolezza di un Movimento cinque stelle che ha fatto campagna per il referendum più che per gli altri appuntamenti elettorali e che ha dato vita ad alleanze diverse di territorio in territorio finisce per rafforzare Conte e per non indebolire il Pd. Il Pd, come ha ben detto il presidente dell'Emilia Romagna Bonaccini anche passando da qui, avrà ora un altro problema: quello di tornare inclusivo (ripartendo da un dialogo con Bersani e Renzi, per semplificare) e quello di tornare davvero fra la gente. A proposito di Renzi: finché non si vedranno tutti i dati, sarà difficile esprimere un giudizio definitivo sul suo futuro, anche perché si vanterà comunque d'essersi "inventato" Giani (l'uomo del miracolo) in Toscana. Rispetto a un nuovo centrosinistra, Trento potrebbe essere comunque un piccolo laboratorio, visto che Ianeselli frequenta da anni fabbriche e operai e visto che il (quasi) nuovo sindaco ha già messo insieme i vari cocci del centrosinistra autonomista. Diverso è il caso di Bolzano, non solo perché la partita è ancora molto aperta, ma anche perché l'aspirante sindaco Zanin ha indubbiamente cercato il dialogo più del sindaco (rientrante?) Caramaschi. Comunque questa sera sarà tutto più chiaro. Anche se i ballottaggi somigliano alla nebbia.