La speranza non si abolisce
La speranza non si abolisce
Tornano i bollettini di guerra. Ci eravamo appena abituati ad assaggiare il gusto della libertà durante l'estate, che le limitazioni arrivano a frenare gli entusiasmi. E insieme arrivano timori, rabbia, preoccupazioni
Quando torneremo a vivere come prima? Eravamo sicuri che tutto fosse finito, che finalmente la vita ridiventasse normale dando piacere come mai avevamo pensato che potesse dare, perché il vivere quotidiano era scontato. E invece si ritorna al via e bisogna adeguarsi ben sapendo che domina ancora l'incertezza, che la medicina fa quello che può ma non è pronta, che i rimedi definitivi non esistono ancora, che medici, virologi e immunologi non sempre sono d'accordo tra loro, che le forze politiche al governo spesso non sanno che pesci pigliare.
Per questo certe disposizioni lasciano perplessi. Ciò che però dovrebbe essere una regola comune è sicuramente il buonsenso che spesso manca, troppo spesso. E non soltanto nell'anno 2020. Le epidemie infatti non sono nate oggi, basta dare un'occhiata alla storia e, senza citare la ultra citata peste del Manzoni, diamo un'occhiata a quel che scrisse nel 1300 il Boccaccio nel suo Decamerone: dieci giovani, per sfuggire alla peste e per imporsi dunque un lockdown volontario, si ritirano in una villa di campagna e per combattere la noia cominciano a raccontarsi delle storie, le famose novelle. Ma possiamo dare un'occhiata anche a quello che scrisse Tucidide, tanto per fare salti nella storia, che descrisse l'epidemia durante la guerra del Peloponneso, si era nel 400 avanti Cristo. La popolazione di Atene fu decimata e l'archeologia scoprì all'esterno della città una fossa comune dove i morti erano stati ammassati. Erano epidemie, queste e molte altre, non semplici influenze come qualcuno oggi continua a sostenere rispetto al Covid 19 e non soltanto tra il popolo ma anche tra chi della credulità del popolo approfitta, magari con la forza di sbandierati titoli accademici o di importanti ruoli politici.
Per ciò che riguarda i primi è difficile capire il motivo, per i secondi forse è più semplice, visto che diventa facile manipolare la gente quando è impaurita e desidera solo appoggiarsi a chi promette miracoli e non impone rinunce. È come se negando il pericolo, il pericolo non esistesse. Allora pare superfluo informarsi, basta rifiutare di adeguarsi alle misure minime di sicurezza senza dare alcuna giustificazione. Le giustificazioni assurde le dà chi cerca di trarre vantaggio dalle fake news, notizie false e inventate.
Ma qual è il motivo che induce chi fa da cattivo esempio a negare l'evidenza e a sbraitare - ricordiamo la pessima performance dell'attore Enrico Montesano che in piazza Montecitorio era stato invitato a indossare la mascherina - contro le restrizioni sui comportamenti e i decreti legge e lo stato d'emergenza? Come se quelli che stanno alle regole provassero piacere a coprirsi la faccia, a limitare i contatti, a non far tardi la sera.
Il contatto umano, ecco, è quello che manca di più, il non poter abbracciare un amico o dare la mano a un conoscente o baciare una persona cara. Darsi di gomito non è un'alternativa che riempie di gioia, anzi, sembra un nuovo gioco e nemmeno divertente. E non consola sforzarsi di credere, com'è stato ripetuto mille volte durante il trascorso lockdown, che da questa pessima esperienza usciremo migliori. Perché non è vero o almeno non lo è per la gran parte. Eppure potrebbe essere stato il primo insegnamento della primavera scorsa l'aver capito quanto sia bello volersi bene e provare il piacere di esprimersi con spontaneità senza dover consultare il vademecum delle norme quotidiane. Invece è sempre più facile che le persone si guardino con sospetto come chi ti viene incontro fosse l'untore, tanto da farti abbassare la testa per non essere riconosciuto o da farti cambiare strada o fingere una fretta che non hai. Rimpiangiamo gli abbracci - commenta Gustavo Cioppa, magistrato e sottosegretario alla presidenza della Regione Lombardia - ma misuriamo le distanze dimenticando che l'avversario è il virus non chi, suo malgrado, potrebbe inconsapevolmente veicolarlo.
Chi invece rifiuta di tutelarsi per tutelare anche gli altri da cosa è mosso. Da arroganza? Da strafottenza? Dalla convinzione di essere superiori e invincibili, dalla credulità? Eppure tanti fanno quel che si deve fare, con umiltà, che è una grande dote figlia dell'intelligenza. Tra questi - sempre per ricordare persone note e farne un esempio - Nanni Moretti, pure lui attore. A marzo e aprile sono stato naturalmente a casa, dice, leggendo, guardando film. Cosa ho imparato? Niente. E ad agosto non sono andato in vacanza, mi sembrava di avene fatta fin troppa.
Intanto si fanno progetti per il futuro ed è l'unico modo per non lasciarsi sopraffare dalla tristezza e dalla paura. Si parla già di Natale, si pensa ai regali e alle feste con la famiglia e agli amici, si immaginano incontri ai mercatini avvolti dalle note di Stille Nacht.
Forse non sarà così. Probabilmente non sarà così. Ma almeno la speranza non si può abolire per decreto.