Borgo, quando il chirurgo deve farsi in quattro

«Sono in ospedale da tre giorni. In reparto e di notte per la reperibilità. Domani dovrei essere di riposo, ma sarò ancora qui perché sostituisco un collega. Siamo stanchi». Ce lo riferisce in via confidenziale un medico dell'equipe chirurgica di Borgo, «qui hanno diminuito i posti letto da molto tempo ma è aumentato il turn over e il personale è sempre lo stesso», continua ancora nel suo amaro sfogo. La Provincia ha deciso di investire per la ristrutturazione dell'ospedale sedici milioni di euro. Per le sostituzioni dei medici andati in pensione o trasferiti in altra sede paradossalmente neanche un centesimo

di Nicoletta Brandalise

ee74389ecc_1062360.jpgBORGO - I chirurghi di periferia lavorano come i grilli. All'ospedale San Lorenzo di Borgo Valsugana funziona così. Nei giorni scorsi siamo entrati al Pronto soccorso per accompagnare un parente. Dopo aver fatto l'accettazione, il tabellone in sala d'aspetto ci informa sul carico di lavoro in reparto: un codice bianco e due verdi in attesa, altri due in trattamento. L'esame obiettivo della dottoressa di turno richiede la consulenza chirurgica. Poco dopo scende uno dei medici dell'équipe. Era impegnato nel passaggio delle consegne in sala operatoria.

 

«Siamo solo in due oggi - informa il medico rivolto al personale infermieristico - facciamo quello che possiamo. Tenete presente che alle 13.30 devo essere a Pergine». Avevamo appena finito di pensare che, nella sfortuna, eravamo capitati proprio nel giorno buono. Il fine settimana infatti, dopo i tagli all'organico di chirurgia nell'ottica di ammortizzare i costi delle strutture periferiche, scatta il servizio a singhiozzo.


Tolta la reperibilità notturna di medici, anestesisti e strumentisti, l'équipe è ridotta al minimo dalle 8 alle 20 dal venerdì alla domenica: un solo dirigente medico, un anestesista e un assistente per garantire il primo soccorso poi il paziente viene trasferito al nosocomio del capoluogo con l'elisoccorso fino alle 21, poi in ambulanza a prescindere dalla gravità della patologia. Il chirurgo nel nostro caso valuta la situazione e dispone un accertamento diagnostico. Poi visita un altro paziente. Intanto al primo piano di chirurgia nessuno cincischia. Ci sono interventi da fare e il giro in corsia. E chissà quante altre cose che non possiamo immaginare. Oltre naturalmente alle altre consulenze richieste nel frattempo.


«Gli internisti qui non mancano - ci spiega un'infermiera - di chirurghi, "prima", ne avevamo due che si turnavano il mattino e il pomeriggio. Ora lo sa anche lei come siamo messi. Domani per esempio c'è un solo medico che deve sobbarcarsi tutto il peso del lavoro». Siamo osservatori privilegiati nelle circostanze in cui ci troviamo. Se tutte le giornate sono così, con la maggioranza di pazienti chirurgici al Pronto soccorso, o se anche capitasse solo ogni tanto pensiamo da utenti che ci risulta difficile comprendere il valore di questi «risparmi» sulla salute e sul prezioso lavoro di tutto il personale che ci ha assistito e curato, possiamo dirlo, amorevolmente. Che si spacca in due e anche in quattro. Veniamo dimessi alle 11, non prima che l'altro chirurgo scenda ancora dal reparto per praticare una piccola incisione. Pensiamo anche che finché questo ospedale funziona ci sentiamo al sicuro. Ne abbiamo il diritto. O no?

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