Parla il nuovo rettore Ecco i suoi progetti
La docente (e avvocato) di diritto amministrativo Daria de Pretis ha davanti a sé sei anni: un mandato extralarge, non ripetibile. I muri di quello studio al primo piano del palazzo di via Belenzani, vicino a quello del Municipio, non vedranno vernice nuova. «Sono altri i cambiamenti - dice - di cui abbiamo bisogno»
TRENTO - «Non tinteggiate le pareti. Non ce n'è bisogno, tanto più che fra poco tempo la sede del rettorato non sarà più questa (tutto verrà trasferito in via Calepina, negli spazi del museo di scienze naturali, ndr)». Daria de Pretis, nuovo rettore dell'ateneo trentino, lo ha detto ai suoi collaboratori. Questa settimana ha preso possesso dell'ufficio che finora è stato di Davide Bassi (l'ormai ex Magnifico ha lasciato il rettorato dopo nove anni). La docente (e avvocato) di diritto amministrativo ha davanti a sé sei anni: un mandato extralarge, non ripetibile. I muri di quello studio al primo piano del palazzo di via Belenzani, vicino a quello del Municipio, non vedranno vernice nuova. «Sono altri i cambiamenti - dice - di cui abbiamo bisogno». Nessuna mano di colore. Come dire: sono altri i cambiamenti di cui ha bisogno l'Università di Trento.
Quali?
«Sono i cambiamenti legati alla nuova governance, alcuni dei quali dettati dal nuovo statuto. Il rettore è il perno di tutto: presiede e in parte nomina il senato accademico, presiede la consulta dei direttori, fa parte del consiglio di amministrazione. La logica è diversa rispetto a prima, perché le regole sono diverse».
Lei, da rettrice, definirà una prassi.
«Il mio compito in un certo senso è tutto da inventare».
Segnerà un solco che dovrà essere seguito dai suoi successori.
«La prassi acquista forza normativa propria se è una buona prassi (ride) ».
Lei ha detto che sarà una rettrice forte nei rapporti con la Provincia.
«Quello dei rapporti con la Provincia autonoma è un fronte importante. È un rapporto nel quale ognuno dei due soggetti sarà custode della propria autonomia. Io sarò custode di quella dell'Università. Ho già incontrato il presidente Alberto Pacher. C'è stato uno scambio di idee molto proficuo».
Lei è stata eletta in un clima di tensione: tensione anche tra Università e Provincia in merito alle nuove norme (la cosiddetta provincializzazione). Questo clima rappresenta un problema?
«L'attenzione sul rapporto tra Università e Provincia, anche con dei momenti di tensione, è stata molto sana. Mi auguro che l'attenzione non venga meno anche in futuro».
Eletta il 28 febbraio scorso, ha annunciato un'«operazione ascolto». Operazione terminata?
«Guardi, ho ricevuto talmente tante richieste di confronto, che non sono veramente riuscita a parlare con tutti e quindi ad affrontare tutte le questioni».
Però in agenda ha segnato un elenco di priorità.
«Le urgenze sono quelle di tipo istituzionale. C'è il patto di stabilità con la Provincia. C'è l'aggiornamento annuale dell'atto di indirizzo. Ma naturalmente la cosa più urgente è data dalle modalità di funzionamento di questa nuova governance dell'ateneo. Ci sono priorità come l'approvazione del codice etico, l'istituzione del comitato dei docenti e per l'avanzamento delle carriere. C'è una serie di regolamenti da fare. Si deve definire il metodo di lavoro per il piano strategico triennale. Poi considero importantissima la creazione della consulta del pta (personale tecnico-amministrativo). Il personale è centrale e al momento non so a chi rivolgermi come interlocutore ufficiale».
La consulta è una sorta di compensazione del fatto che non ci sono rappresentanti del personale nel cda. O no?
«Una compensazione? Non so, il cda e la sua composizione sono del tutto diversi rispetto a prima».
Cosa la preoccupa di più?
«In un momento economicamente difficile come questo, la questione principale è quella del reperimento delle risorse per reclutare personale. I finanziamenti vengono dalla Provincia, ma dobbiamo pensare anche a forme private».
Negli ultimi mesi gli industriali non sono stati teneri con l'ateneo, considerato «troppo lontano dal mondo del lavoro».
«Non mi pare che l'università sia lontana dal mondo del lavoro. Con gli imprenditori si deve ragionare senza pregiudizi reciproci.
Veniamo alla sua squadra di governo, quella dei delegati del rettore. Come sarà?
«Diciamo che la squadra di governo è data anche dal senato accademico».
Parlando di senato, oltre ai membri elettivi, ci saranno i tre indicati da lei. Vedremo una forte componente femminile?
«Vedremo una componente femminile. Quanto ai delegati del rettore credo che si possa collaborare e fornire idee anche senza avere ruoli ufficiali. Comunque, fra i delegati, ci sarà sicuramente qualcuno dedicato alla didattica, che è centrale».
Lei siederà anche nel cda di Fbk (Fondazione Bruno Kessler). Come sarà il rapporto?
«Penso di reciproco rispetto. Con il presidente Massimo Egidi mi sono trovata sulla stessa lunghezza d'onda».
Nei mesi scorsi si è parlato di interferenze di Fbk nei campi dell'ateneo. Il riferimento è al progettato polo delle scienze economiche e sociali.
«Il problema di Fbk è che, a differenza della Fondazione Mach-Istituto agrario di San Michele, non ha una mission precisa come oggetto della ricerca. È un ente generalista, che si occupa di cose varie. Per l'Università questo è disorientante. Si tratta di filoni di ricerca articolati e sedimentati. È un interlocutore complesso».
Lei ha parlato anche con gli studenti. Possiamo immaginare una riduzione delle tasse?
«Credo che, in questo momento, sia decisamente difficile».
Quando è stata eletta, tanti hanno evidenziato il fatto che è la prima volta che abbiamo un rettore donna: una rettrice. Questo le fa piacere?
«Non mi dispiace. Può essere un esempio per tante donne. Dimostra che ci si può mettere in gioco ed arrivare a obiettivi importanti».
La aspettano sei anni impegnativi. Cosa le mancherà di più? Il lavoro di avvocato o quello di docente?
«Ho sospeso l'attività da avvocato. Spero di poter continuare a fare attività didattica e di ricerca, anche se con ritmi meno intensi».
Senta, a lei pesa il fatto che si ricordi sempre il peso del cognome di suo marito (Gianni Kessler, ex pm, ex presidente del Consiglio provinciale e oggi direttore dell'ufficio europeo per la lotta antifrode)?
(Ride). «Io lavoro da 30 anni. Lavoro molto fuori Trento e nessuno sa chi ho sposato. Non ho mai usato il cognome di mio marito. E comunque credo di avere un'autonomia personale e professionale che mi consente di stare al mondo. Detto ciò, mica mi dà fastidio che si sappia a chi sono sposata».