Firme false all'università, trentina a processo per truffa
Falsificare le firme di presenza ai corsi universitari con frequenza obbligatoria - trucco ben noto tra gli studenti - può costare carissimo. Quello scarabocchio su un foglio coperto di firme ha messo in un mare di guai un'insegnante trentina quarantenne iscritta alla facoltà di Scienza della formazione primaria a Bressanone, sede distaccata della Libera Università di Bolzano
TRENTO - Falsificare le firme di presenza ai corsi universitari con frequenza obbligatoria - trucco ben noto tra gli studenti - può costare carissimo. Quello scarabocchio su un foglio coperto di firme ha messo in un mare di guai un'insegnante trentina quarantenne iscritta alla facoltà di Scienza della formazione primaria a Bressanone, sede distaccata della Libera Università di Bolzano. La donna è stata incriminata per truffa e falso in atto pubblico (accusa poi derubricata dalla procura in falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico), si è dovuta difendere in un processo durato ben dieci udienze, per tre anni non ha potuto sostenere gli esami "incriminati". Alla fine, però, l'insegnante, difesa dall'avvocato Marcello Paiar, è stata assolta con formula piena.
Falsificare le firme di presenza alle lezioni universitarie non è quindi reato? Non possiamo dirlo, almeno non fino a quando il giudice non depositerà le motivazioni della sentenza di assoluzione. Certo uno degli argomenti forti della difesa era sul terreno del diritto: secondo l'avvocato Paiar, il foglio firme non può essere considerato un atto pubblico. Il legale nella sua arringa finale ha sottolineato come i testi citati, tra cui anche numerosi docenti universitari, avessero confermato che il foglio presenze viene distribuito all'inizio dell'ora e poi viene fatto girare dagli stessi studenti. Non c'è dunque né un appello, né una procedura di controllo e di certificazione, ma solo un'attività interna svolta dai corsisti. Come dire che il foglio dove si firma non ha le caratteristiche per essere considerato, da un punto di vista giuridico, un atto con rilevanza pubblicistica.
In realtà la difesa era molto più articolata. Un dato che può aver pesato in favore della buona fede dell'imputata è che la docente era già laureata in Lettere e abilitata all'insegnamento. La frequenza del corso di Bressanone serviva a completare la sua preparazione, ma la seconda laurea non era per lei indispensabile per lavorare.
Infatti durante la frequenza del terzo anno la docente aveva avuto l'opportunità di insegnare alla scuola italiana di Barcellona e, in fretta e furia, era partita per la Spagna. Nonostante l'impegno lavorativo, era riuscita a sostenere a fine corso, tra giugno e luglio 2010, anche gli esami a Bressanone: Edilizia scolastica e Didattica ed educazione motoria, entrambi superati con il massimo dei voti. Immaginiamo con quale stupore la studentessa-insegnante ricevette una convocazione da parte dell'Università che le contestò alcune firme di presenza che apparivano diverse e dunque asseritamente false.
Cosa era accaduto? Pare che l'Università avesse ricevuto una lettera anonima in cui altri studenti denunciavano la compagna di corsi sostenendo che lei alle lezioni di quel semestre non aveva presenziato, le firme sarebbero state falsificate da un misterioso complice.
Benché la donna avesse negato tutti gli addebiti, la vicenda finì sul tavolo della procura della Repubblica che avviò le indagini su un'ipotesi di falso e addirittura di truffa.
Al processo la difesa si è presentata agguerrita. L'imputata sosteneva di non aver mai fatto falsificare la sua firma. Al sabato non insegnava in Spagna e dunque poteva rientrare per frequentare i corsi. Ma forse l'argomento vincente è stato quello giuridico: vere o false che fossero le firme, il foglio presenze non è un atto pubblico.
In ogni caso questa vicenda giudiziaria durata quasi tre anni dimostra che bisogna fare attenzione: nel Paese dove in Parlamento i "pianisti" votano anche per i colleghi, una firma di troppo su un foglio all'Università può costarvi la carriera.